giovedì 30 giugno 2011

La cena dei sapori

SECONDO > SPIEDINI DI SCAMPI E CAPESANTE
IN CREMA DI DATTERI E PINOLI CON SALSA ALL’UVETTA

Sono tornato a New York un paio di estati fa, per quasi un mese. Un appartamento a Chelsea assieme al mio compagno per ricaricarmi e scrivere. Unica distrazione, i saldi da Barneys e la buona cucina. La cucina fa parte del mio mondo e delle mie passioni, e la vacanza è stata una bella occasione per nuove contaminazioni. Prima di essere un fatto gastronomico, la cucina è cultura e filosofia di vita. Una costante ricerca di armonia fra diverse e opposte forze della natura. Il cibo non può sfuggire alle sue leggi, proprio come la vita stessa. 
Camminare per le strade con i sacchetti della spesa del Dean and De Luca o del Whole Food Market ti fa sentire newyorkese, ma ancor più frequentare i mercati, luoghi di ritrovo dove vicini di casa possono incontrarsi, dov’è possibile condividere ricette, assistere a dimostrazioni di cucina, e trovare gli alimenti più freschi e nutrienti che la regione ha da offrire. Dal mercato di Union Square a quello di Williamsburg, a Brooklyn, i templi dello slow food e del mangiare locale sono ormai una piacevole realtà da provare assolutamente. D’altronde, ho sempre pensato che il migliore test per valutare la propria indole artistica sia quello di infilarsi un grembiule e improvvisare, senza timore di sbagliare. Il vero dono è quello di capire quando un piatto è pronto, quando è ora di spegnere il forno e impiattare.

Capesante > 8
Scampi > 8
Datteri > 30
Uva sultanina > 20 g
Pinoli > 30 g
Aglio > 1 spicchio
Rosmarino > 1 rametto
Curry > 1 cucchiaino
Timo > 1 rametto
Brodo vegetale > 1 bicchiere
Burro > 100 g
Olio extravergine d’oliva > 6 cucchiai
Aceto di vino bianco > 2 cucchiai
Semi di coriandolo > 1 cucchiaino
Sale > 1 cucchiaino
Pepe > 1 cucchiaino

Lavate le capesante e gli scampi sgusciati. Asciugateli bene e metteteli a marinare in frigo per 4 ore in olio, curry, timo, sale e pepe.
Componete gli spiedini alternando gli scampi e le capesante, e rosolateli qualche minuto in burro, aglio e rosmarino, rigirandoli a metà cottura.
Completate la cottura trasferendoli in forno a 200° fino a quando non saranno perfettamente dorati.
Cuocete intanto per 5 minuti l’uva sultanina in un bicchiere di brodo vegetale, unite 80 g di burro, un pizzico di sale e pepe, e sbattete il composto con la frusta per ottenere una salsa emulsionata.
Passate quindi i datteri e i pinoli al passaverdura, metteteli in un pentolino con i semi di coriandolo pestati, il sale e il pepe, e diluiteli con acqua e aceto fino a raggiungere una consistenza cremosa.
Adagiate gli spiedini sulla crema di datteri e guarnite il tutto con la salsa all’uvetta.

giovedì 23 giugno 2011

La cena della tentazione


DOLCI > BUDINO AL TÈ VERDE

Dall’inconfondibile color verde bosco e dal sapore fresco ed erbaceo, il matcha è tra i tè verdi più pregiati. Il tempo sembra davvero essersi fermato nelle sue piantagioni sull’isola di Kyushu: prima della raccolta, questo tè rimane per quasi un mese nell’ombra, perché le sostanze nutritive della pianta possano concentrarsi nelle prime foglie, che saranno poi raccolte a mano durante il mese di maggio. Crescendo nella penombra, sprigiona un sapore particolarmente dolce e penetrante… come se trattenesse in sé il soffio del mare. 
Il tè matcha mi aiuta sempre a trovare un equilibrio nella mia quotidianità agitata. Nello stesso modo, ho scoperto che può equilibrare il gusto delicato di un budino della mia infanzia, tipico delle campagne emiliane (anche se la ricetta originale vorrebbe gli amaretti sbriciolati e un caramello chiaro). 
I miei ricordi d’infanzia odorano tutti di cibo. L’essenza degli incontri e dei ricordi sta nel naso. La memoria rielabora tutto a suo piacimento, gli occhi sfumano, le orecchie travisano, ma non puoi ingannare l’olfatto. La felicità nel cibo è pari al recupero della memoria. 
Una casa colonica, la luce di un’estate calda, se la famiglia ha un profumo, la mia ha quello del caramello. Forse è per questo che amo tanto questo budino. Peccato solo che l’emozione del gusto sia foriera di un’implicita malinconia: i budini e i ricordi felici finiscono troppo presto.

Panna fresca > ½ litro
Uova > 4
Zucchero > 6 cucchiai
Tè verde matcha > 2 cucchiaini

Sbattete le uova con lo zucchero fino a quando il composto non risulterà soffice e spumoso. Aggiungete il tè matcha continuando a frullare. Incorporate infine la panna fresca mescolando dolcemente.
Preparate il caramello al cioccolato sul fondo dello stampo, versate il composto e cuocete in forno a bagnomaria per 50 minuti a 180°.
Lasciate raffreddare nel forno, quindi lasciate almeno dodici ore in frigo. Il giorno dopo è ancora più buono.

Per il caramello:

Zucchero > 150 g
Cacao amaro > 50 g
Acqua > 2 cucchiai

Unite lo zucchero e il cacao amaro in un tegame dal fondo spesso, aggiungete l’acqua e scaldate a fuoco medio, facendo roteare leggermente la pentola.
Lasciate sciogliere lo zucchero fino a quando non sarà caramellato.
Regolate il tempo di cottura in base all’utilizzo del caramello. Tenetelo chiaro se desiderate un sapore più dolce, lasciatelo ambrare maggiormente per un gusto più amaro: nel primo caso è ideale per accompagnare un dessert, nel secondo caso sarà perfetto per ricoprire i budini.

Per una merenda sfiziosa, potete accompagnare il budino al tè verde con un frullato di latte, fragole e matcha. Rinfrescante e goloso.

Fragole > 250 g
Latte > 2 bicchieri di latte
Tè verde matcha > 2 cucchiaini

Scaldate un bicchiere di latte senza farlo però bollire. Aggiungete il tè matcha e mescolate con una frusta, fino a quando si formerà la schiuma in superficie. Versate il latte nel frullatore, aggiungete le fragole e il secondo bicchiere di latte e frullate. Se il vostro frullatore li sopporta, potete aggiungere qualche cubetto di ghiacchi. Renderà il frullato ancore più fresco.

venerdì 17 giugno 2011

La cena dell'abbandono

ANTIPASTO > TONNO DI CONIGLIO
CON COMPOSTA DI CIPOLLE AL CARAMELLO

Da quando siamo rientrati da Linosa non abbiamo più fatto l’amore.
Ho sempre pensato che il fine ultimo nella mia vita fosse il raggiungimento della felicità, ma non ero preparato a trovarla con tanto anticipo, in una settimana di settembre che non mi ha dato l’opportunità di viverti, di sognarti, di desiderarti, né di amarti come avrei voluto.
Linosa è un punto tra la Sicilia e l’Africa, un’isola tutta nera di lava contrastata da un arcobaleno di colori che la rende forte ed espressiva, tra il verde intenso della macchia mediterranea e quello caparbio dei filari di fichi d’india che resistono al vento.
Per me Linosa rimarrà soprattutto un’occasione, la possibilità che tra me e Matteo ci possa essere qualcosa di più.
Il nostro è stato un amore fuori stagione, in una terra quasi deserta ma afosa per il troppo sole accumulato, che le rocce vulcaniche rilasciano ancora generose.
Da quando siamo rientrati da Linosa non ci siamo più sfiorati.
Quando il porto di Lampedusa si risvegliava lentamente, tra i profumi delle barche dei pescatori, mentre un maestrale rabbioso continuava a soffiare sulle persiane della nostra casa bassa di pietra, in affitto come i nostri cuori, io e Matteo rimanevamo accovacciati l’uno nell’altro, lasciando il nostro sudore imprigionato tra i corpi esausti.
Gli occhi cambiano colore. Con il sole e l’acqua di mare, quelli di Matteo passano dal nocciola al verde. È il Matteo con gli occhi nocciola che amo, ma ho finito con l’avere quello dagli occhi verdi.
Da quando siamo rientrati da Linosa non ci siamo più cercati.
Un minuscolo porticciolo con poche barche da pesca ci ha fatto capire che la stagione turistica era finita, e che saremo stati gli unici a immergerci in quelle stupende giornate di settembre.
Ricordo il mio bisogno di sentire il mio corpo contro il suo. In quei momenti, il cuore mi batteva più forte. E ricordo che dopo rimanevamo abbracciati a coccolarci. In silenzio, perché erano già i nostri corpi a parlare. Solo noi. Il mondo fuori non contava, scompariva. Nessun pensiero, nessun problema.
«In una storia d’amore non hanno importanza né l’inizio né la fine» mi dicevo, «quanto piuttosto l’amore che sta nel mezzo».
In questi anni, Matteo è stato solo un ricordo per me. Non saprei neppure dire se felice o straziante, perché non ho altri ricordi più felici, né altri più strazianti.
Questa ricetta è il suo regalo d’addio.

Coniglio > 1
Scalogno > 3
Carota > 2
Sedano > 2 gambi
Lemongrass > 1 stecco
Zenzero > 1 centimetro
Lime > ½
Whisky > 1 cucchiaio
Acqua > 1 litro
Alloro > 1 rametto
Rosmarino > 1 rametto
Prezzemolo > 1 mazzetto
Capperi di Linosa > 10
Pepe > 1 cucchiaino (in grani)
Sale > 1 cucchiaino

Frantumate leggermente la parte finale del lemongrass e mettetelo in una pentola d’acqua assieme allo scalogno, al sedano, alle carote e alle erbe aromatiche. Aggiungete un pizzico di sale, un cucchiaio di Whisky, la scorza del lime, lo zenzero grattugiato e portate a ebollizione.
Pulite bene il coniglio e fatelo a pezzi (se il macellaio non l’ha già fatto per voi), lavatelo e asciugatelo bene con la carta assorbente.
Tuffatelo poi nell’acqua bollente, e proseguite la cottura per due ore, finché la carne non sarà tenera e tenderà a staccarsi dall’osso. 
Togliete la pentola dal fuoco e lasciate intiepidire il coniglio nel brodo. Prima che si raffreddi completamente, disossate il coniglio e riducete la carne in pezzi non troppo piccoli.
Versate un filo d’olio extravergine d’oliva sul fondo di un vasetto di vetro a chiusura ermetica, unite uno spicchio d’aglio, una foglia di alloro, una di erba citronella, qualche cappero, e riempite con un primo strato di carne di coniglio, da pressare accuratamente. Continuate alternando olio, aglio, alloro, erba citronella e capperi alla carne, sempre pressando fino a riempire il vasetto.
Conservare il tonno di coniglio in frigo per almeno un giorno prima di consumare accompagnato alla composta di cipolle al caramello. Se avrete cura di rabboccare l’olio, vi accompagnerà nei vostri pranzi per un’intera settimana.

Per la composta di cipolle:

Cipolle bianche > 1 kg
Rosmarino > 1 rametto
Anice stellato > 1
Zucchero > 80 grammi
Acqua > 2 cucchiai
Miele di castagno > 1 cucchiaio
Aceto di vino bianco > 6 cucchiai
Olio extravergine d’oliva > 3 cucchiai
Vino bianco > 500 ml (secco)
Sale > 1/2 cucchiaino

Sbucciate le cipolle e affettatele finemente. Fate caramellare lo zucchero con l’acqua e il miele, quindi unite l’aceto continuando a mescolare.
Versate l’olio e aggiungete le cipolle già appassite in acqua e vino bianco.
Unite il vino, il sale, il rosmarino tritato, l'anice stellato, e lasciate cuocere coperto per 60 minuti a fuoco dolce.

Perché la composta di cipolle abbia un aroma ancor più ricco, potete aromatizzare l’aceto con miele, fichi secchi e un rametto di timo. La ricetta è semplicissima:

Aceto di vino bianco > 1 litro
Fichi secchi > 300 g
Miele di castagno > 75 g
Timo > 1 rametto
Pepe > 1 cucchiaino (in grani)

In un vaso di vetro a chiusura ermetica versate l’aceto e unite i fichi secchi a pezzetti, il miele, il timo e il pepe. Chiudete e agitate bene, perché gli aromi si intreccino.
Lasciate macerare il tutto in un luogo fresco e buio per dieci giorni, avendo cura di agitare il vaso una volta al giorno.
Filtrate quindi il liquido con un colino a maglie sottili e travasatelo in una bottiglia sterilizzata.
L’aceto aromatizzato è già pronto per essere usato.

mercoledì 8 giugno 2011

La cena della seduzione

SECONDO > MERLUZZO PROFUMATO AL CARTOCCIO

In cucina come a tavola è bene nutrire i propri sensi. Io e G. ci siamo mangiati al primo sguardo. Attratti dalle forme e dai colori di una tavola imbandita, abbiamo fatto della vista il nostro primo boccone. Per nulla sazi, ci siamo lasciati trascinare dai profumi, i veri preliminari del pasto, perché ho sempre pensato che l’essenza degli incontri e dei ricordi sia nel naso. Gli aromi ci hanno avvolto, conquistato, risvegliando improvvisamente l’appetito. Ho mangiato dalle sue mani, e lui dalle mie. L’avventura del gusto parte dalle dita. Abbiamo gustato la nostra cena toccandone le forme, scoprendo che ogni pietanza richiede il suo gesto. Il sapore è il bacio del cibo, e noi abbiamo goduto di ogni piatto assaggiando, spiluccando, leccandoci le dita. Il nostro primo appuntamento è stato l’occasione per svelarci, raccontarci, ma abbiamo anche saputo ascoltare. Il cibo ha la sua voce, ed era giusto che parlasse. L’alluminio sfregola. Lo zenzero scrocchia. Il sorriso scoppia.

Merluzzo > 400 g di filetti
Fichi > 4
Arancia > 1
Limone > 1
Confettura di zenzero > 1 cucchiaino
Burro > 30 g
Scalogno > 1
Erba citronella > qualche foglia
Sale > 1 pizzico
Pepe > 1 pizzico

Stendete su un foglio d’alluminio un foglio di carta da forno, e adagiatevi sopra i fichi a rondelle, le scorze degli agrumi, la confettura di zenzero e il filetto di merluzzo. Aggiungete lo scalogno tritato finissimo, una foglia di erba citronella, il sale, il pepe e il burro a fiocchetti.
Chiudete accuratamente il cartoccio e cuocete per 40 minuti in forno ventilato a 200 gradi.
A fine cottura, fate riposare per qualche minuto prima di aprire il cartoccio e servire.

La confettura di zenzero è un ingrediente insostituibile di questa ricetta. La trovate in vendita nei migliori negozi di alimentari, ma nel caso voleste cimentarvi nella difficile preparazione, questa è la ricetta:

Zenzero pulito > 500 g
Zucchero di canna > 400 g
Limone > 150 g di polpa
Spremuta di arancia > 50 g
Spremuta di limone > 50 g
Mela > 1

Pelate lo zenzero, tagliatelo in filetti molto sottili e mettetelo a bagno in acqua fredda per un’ora. Una volta scolato, versatelo in una pentola, coprite nuovamente d’acqua e fate bollire per 10 minuti. Scolatelo e ripetete l’operazione per altre cinque volte, cambiando sempre l’acqua di cottura.
Versate ora lo zenzero in una pentola, aggiungete la polpa del limone ridotta a pezzetti, il succo degli agrumi, la mela centrifugata e lo zucchero di canna.
Fate cuocere mescolando e schiumando frequentemente fino a quando la confettura non avrà raggiunto la densità desiderata.
Versatela ancora calda nei vasetti sterilizzati e chiudete il coperchio ermeticamente.

venerdì 3 giugno 2011

La cena mediterranea

PRIMO > MACCHERONCINI CALABRESI ALLA MENTUCCIA
CON MELANZANE E CODE DI MAZZANCOLLE

Si chiama ipertelia, eccesso di funzione, lo sviluppo esagerato e sterile di alcuni organi negli esseri viventi. In un animale potrebbe corrispondere ad arti enormi, code enormi, corna enormi, che finiscono per essere ingombranti e paralizzanti.
Come ha fatto notare il sociologo francese Roger Caillois a un intervistatore, l'ipertelia è un’inflazione mortale, l’esaurimento del senso a causa della crescita del segno, in breve è qualcosa che va oltre la propria finalità.
Ecco, è come se vivessimo in una sorta di ipertelia culinaria. C'è sempre il rischio che i sapori finiscano per nascondersi uno sotto l'altro. Sono trasparenti se presi singolarmente, ma la sovrapposizione dei loro strati crea spesso un effetto di opacità.
L'importante è l'equilibrio, anche per una ricetta semplice come questa.

Maccheroncini calabresi > ½ kg
Code di mazzancolle > 20
Melanzana > 1
Menta fresca > 50 g
Pinoli > 25 g
Parmigiano > 30 g
Olio extravergine d’oliva > ½ bicchiere
Pepe > un cucchiaino
Sale > un pizzico

Lavate le melanzane, sbucciatele e tagliatele a dadini. Spolveratele di sale, adagiatele su un piano e lasciatele riposare per un’ora, fino a quando non avranno perso l’acqua di vegetazione. Una volta asciugate, passatele nella farina e friggetele in abbondante olio di semi fino a quando non saranno dorate e croccanti. A cottura ultimata, scolatele e fatele asciugare per qualche minuto su un foglio di carta assorbente.
Pulite le code di mazzancolle, eliminando la testa, il guscio, la coda e sfilate la vescica dalla schiena. Lavatele delicatamente e asciugatele su un foglio di carta da cucina. Fatele cuocere a fuoco vivo in una padella antiaderente per tre minuti.
Lavate intanto delicatamente le foglie di menta e asciugatele su un foglio di carta da cucina.
Frullatele nel mixer assieme ai pinoli e al parmigiano reggiano, aggiungendo l’olio a filo fino a ottenere la giusta consistenza.
Aggiustate il pesto di sale e di pepe e conservatelo in frigo.
Cuocete i maccheroncini in abbondante acqua salata, scolateli e fateli saltare in una padella antiaderente unendo il pesto, le code di mazzancolle e le melanzane fritte.