martedì 19 marzo 2013

Incontro di vellutate con salamina da sugo al profumo di caffè

Edward Hopper lavorava in silenzio. Scriveva poco e parlava ancora meno. In compenso dipingeva tantissimo. Nei suoi quadri tutto appare immobile, anche il tempo sembra fermarsi. Le persone che ritrae non sembrano avere occupazioni di sorta. L’attesa è percettibile.
La realtà è altra cosa. Ormai non si ha più tempo. Non c’è tempo per rilassarsi, né per fare la spesa al mercato. Non c’è tempo per mondare le verdure, né per tagliare un pezzo di carne. L’abitudine alla comodità ha anestetizzato la spinta al fare, i cibi pronti offuscano l’immaginazione. Sempre più persone rinunciano a cucinare, preferendo buste surgelate e prodotti industriali.
Chi risparmia i minuti guadagna le ore, recitava un proverbio popolare. Ma chi risparmia tempo in cucina sa davvero cosa farne? Oppure si limita a buttarlo via più comodamente, bruciandolo in una sorta di rito collettivo?
Riscopriamoci sovversivi. Proviamo per una volta a fuggire le trappole dell’abitudine e della pigrizia.
Il sospetto che qualcosa non sia ancora stato cucinato può essere un buon punto di partenza. L’idea che qualcuno non abbia avuto la forza o il tempo di farlo.
Se temete di perdere tempo cucinando, provate a considerare quel tempo come un investimento in qualità della vita.

PRIMI > INCONTRO DI VELLUTATE CON SALAMINA DA SUGO AL PROFUMO DI CAFFÈ
Patate > 6
Carote > 300 g
Salama da sugo > 1
Cipolla > ½
Farina bianca > 4 cucchiai
Caffé > una manciata di chicchi + 1 pizzico in polvere
Pangrattato > 1 manciata
Brodo vegetale > 1 litro
Burro > 40 g
Latte > ½ bicchiere
Olio extravergine d’oliva > 8 cucchiai
Sale > 1 pizzico
Pepe > 1 pizzico

Mettete a bagno la salamina da sugo in acqua tiepida per una notte, per ammorbidire le incrostazioni esterne che andranno poi delicatamente spazzolate.
Mondate e grattugiate le carote e fatele aromatizzare per sei ore in un contenitore ermetico assieme a una manciata di chicchi di caffè.
Sciogliete il burro in una padella antiaderente e fate rosolare le carote grattugiate, avendo cura di eliminare i chicchi di caffè.
Versate ½ litro di brodo caldo fino a coprirle completamente e cuocete per 20 minuti, quindi aggiungete il latte e proseguite la cottura fino a quando le carote non saranno cotte.
Unite 2 cucchiai di farina, il sale e il pepe, e frullate le carote con l’aiuto di un mixer a immersione, fino a ottenere una crema vellutata. Nel caso il composto non sia abbastanza morbido, aggiungete un altro po’ di latte.
Sbucciate le patate e tagliatele a pezzetti.
Tritate la cipolla e fatela soffriggere in una pentola con 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva. 
Aggiungete le patate e rosolatele per qualche minuto a fuoco vivace.
Versate ½ litro di brodo caldo fino a coprirle completamente e proseguite la cottura per 30 minuti.
Unite 2 cucchiai di farina, il sale e il pepe, e frullate le patate con l’aiuto di un mixer a immersione, fino a ottenere una crema vellutata. Nel caso il composto non sia abbastanza morbido, aggiungete un altro po’ di brodo.
Mettete la salamina da sugo in un sacchetto alimentare, sigillatelo bene e fate cuocere per 5 ore in una pentola piena d’acqua.
Fate attenzione che l’acqua non arrivi mai all’ebollizione, lasciando la fiamma quasi al minimo.
Rabboccate con acqua bollente man mano che l’acqua di cottura evapora.
Togliete la salama dal sacchetto, tagliate la parte superiore e prelevatene 5 cucchiai, da rosolare in 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva.
Unite una manciata di pangrattato e un pizzico di caffè in polvere, e fate saltare per un minuto a fuoco vivace.
Versate in ogni piatto due mestoli di vellutata di patate, un mestolo di vellutata di carote aromatizzata al caffè e un cucchiaio abbondante di salama da sugo.
Completate con un goccio d’olio extravergine d’oliva, una macinata di pepe e ancora un pizzico di caffè in polvere.

La salama (o salamina) da sugo è un insaccato di carni di maiale tipico della provincia di Ferrara. Potete sostituirla con salsiccia macinata di Norcia, o con altra salsiccia a vostro piacimento.


sabato 16 marzo 2013

Ossobuco di vitello in salsa di Martini Rosso e mirtilli

Ieri sera a cena ho proposto un Martini Rosso come aperitivo. L’ho servito liscio, con una fettina d’arancia e qualche cubetto di ghiaccio.
Mentre le nuove generazioni si omologano con lo Spritz, mi è venuto naturale guardare al passato.
Un Martini è un Martini, non ci sono storie. Il sapore è inconfondibile, un profumo dolciastro di erbe macerate, lo stesso dello sciroppo per la tosse di quando ero bambino. Forse è questo a renderlo ancora più unico.
La bottiglia non è mai cambiata, almeno per quanto io ricordi, anche se oggi non può più essere denominato Vermut, in quanto la sua gradazione alcolica è scesa a 14,4° (quindi inferiore ai 16° richiesti per determinarne la definizione merceologica).
Il gioco dei ricordi ci ha portato a vecchie pubblicità televisive del Martini.
L’inconfondibile voce di Ornella Vanoni in uno spot degli anni Ottanta. Non cantava, ma si limitava a recitare il testo fuori campo, mentre una cameriera su pattini a rotelle attraversava la città per portare l’aperitivo a un affascinante uomo d’affari.
E ancora, Charlieze Teron al tavolo di un bar in compagnia di un uomo anziano. Poco distante un ragazzo si asciugava le labbra da una goccia di Martini, lei si alzava per raggiungerlo ma un filo del vestito rimaneva impigliato alla sedia, facendo accorciare la gonna passo dopo passo.
Poi, in anni più recenti, altri spot con George Clooney e con Gwyneth Paltrow.
Ho sorpreso tutti mostrando una pubblicità russa del Martini con Jude Law protagonista. Cibo e sesso hanno la stessa localizzazione cerebrale, gli stessi circuiti neuroendocrini, gli stessi ormoni che li controllano. Dopo aver risvegliato l’appetito dei sensi con uno degli uomini più sexy del pianeta, ho dirottato il desiderio dei miei ospiti sull’appetito di cibo… E il Martini Rosso è tornato protagonista anche in cucina.

SECONDI > OSSOBUCO DI VITELLO IN SALSA DI MARTINI ROSSO E MIRTILLI

Ossibuchi di vitello > 4
Scalogno > 1
Martini Rosso > ½ bicchiere
Mirtilli rossi secchi > 60 g
Farina > 4 cucchiai
Brodo vegetale > 700 ml circa
Olio extravergine d’oliva > 4 cucchiai
Sape > 1 pizzico
Pepe > 1 pizzico

Incidete la pellicina lungo il bordo degli ossibuchi di vitello e gli eventuali nervetti al centro, affinché la carne non si arricci cuocendo.
Tritate lo scalogno e fatelo soffriggere nell’olio extravergine d’oliva.
Infarinate gli ossibuchi e uniteli al soffritto, facendoli rosolare bene da entrambi i lati a fuoco lento.
Salate, pepate e sfumate con il Martini Rosso.
Aggiungete i mirtilli rossi secchi e il restante brodo vegetale, fino a coprire completamente gli ossibuchi.
Coprite con un coperchio e proseguite la cottura a fuoco lento per un’ora.
A cottura ultimata, togliete il coperchio e fate restringere la salsa prima di servire.


venerdì 8 marzo 2013

Calamaretti in vaso con topinambur, cavolo nero, pomodorini verdi e pepe rosa

«L’ovvio è quel che non si vede mai, finché qualcuno non lo esprime con la massima semplicità» scriveva Kahlil Gibran. Così mi sono avvicinato alla cottura in vaso, una vera rivoluzione di sapori.
Il segreto per un buon piatto sta spesso nella semplicità, mai nella confusione. Per questa ricetta ho scelto quindi pochi ingredienti selezionati e una cottura non convenzionale. Alimenti semplici, ma ricchi di personalità e ottimi dal punto di vista nutrizionale.
È così che nascono gli incontri di gusto, in maniera accidentale, con la complicità delle stagioni e dei mercati rionali.
Sarà perché alle mode condivise ho sempre preferito la consapevolezza dell’essere e apparire unico. Non guardo mai cosa fanno gli altri, faccio quel che mi sento, senza compromessi, perché a seguire il cuore si migliora la qualità della vita. Propria e altrui.
La cosa che detesto più di ogni altra sono i luoghi comuni, che di fatto non piacciono a nessuno. E non tollero le omissioni, specialmente nelle ricette condivise. Non ho ingredienti segreti che evito accuratamente di trascrivere. È la passione di chi cucina a fare, semmai, la differenza.
Non mento mai, neppure sull’età. Tanto è inutile. Ed è anche noioso. Non avendo mai avuto bisogno di mentire, ho fatto il mio ingresso nel mondo dei food blogger con una radicata abitudine alla verità, eliminando automaticamente dalla mia cucina quella piatta monotonia che devono provare i bugiardi. Perché tutte le bugie si assomigliano, come i piatti pronti o le ricette copiate.

SECONDI > CALAMARETTI IN VASO CON TOPINAMBUR, CAVOLO NERO, POMODORINI VERDI E PEPE ROSA

Calamaretti > 800 g
Topinambur > 500 g
Pomodorini verdi > 200 g
Cavolo nero > 200 g
Limone > 1
Brodo di pesce > ½ litro
Pepe rosa > 1 manciata
Coriandolo > 1 pizzico
Sale > 1 pizzico

Al momento dell’acquisto, fate attenzione che i calamaretti abbiano la pelle umida e i tentacoli integri. Per pulirli afferrate la testa e staccatela dalla sacca tirando delicatamente. Eliminate l’osso cartilagineo trasparente ed eventuali interiora. Sciacquate la sacca sotto l’acqua corrente eliminando la pelle. Tagliate i tentacoli appena sotto gli occhi ed eliminate il becco, quindi sciacquateli bene.
Tagliate le sacche ad anelli e dividete in due i tentacoli.
Pulite i topinambur lavandoli e spazzolandoli con cura. La loro buccia è sottile e digeribile, perciò potete tranquillamente evitare di toglierla. Qualora desideraste farlo, vi consiglio di raschiarla via con un coltellino.
Tagliate i topinambur a pezzettini e lasciateli a bagno in acqua e limone.
Pulite il cavolo nero, tenendo solo le foglie più piccole e tenere. Lavatele delicatamente per non romperle.
Lavate i pomodorini verdi e tagliateli a metà.
Asciugate i topinambur, uniteli ai pomodorini verdi e ai calamaretti e conditeli con sale, olio extravergine d’oliva, coriandolo e pepe rosa leggermente pestato.
Lavate e asciugate bene i vasetti. Potete utilizzare quelli delle marmellate (perfetta la linea Bonne Maman) o i classici Quattro Stagioni Bormioli Rocco.
Rivestite le pareti e la base dei vasetti con le foglie di cavolo nero.
Versate quindi il mix di topinambur, pomodorini verdi e calamaretti, riempiendo i vasetti fino a circa tre quarti.
Versate nei vasetti un mestolo di brodo di pesce e chiudeteli bene.
Immergete i vasetti in una pentola con acqua vicina al bollore, avvolgendoli in uno strofinaccio in modo che non urtino durante la cottura. Fate attenzione che l’acqua arrivi sempre fino al bordo dei vasetti, quindi se evapora rimboccate con altra acqua bollente.
Continuate la cottura per 60 minuti, quindi estraete i vasetti dalla pentola, asciugateli e una volta leggermente intiepiditi portateli ancora chiusi in tavola.
I vasetti trattengono gli aromi del cibo. Una volta aperti sprigioneranno tutto il naturale gusto e il profumo di questo piatto.

lunedì 4 marzo 2013

Lasagnette invernali con lardo di Colonnata, ricotta di pecora, cavolo nero e crema di cannellini

Vi è mai capitato di dover ricominciare pur non avendo mai terminato, mai smesso neppure per un attimo? È in quei momenti che la pigrizia prende il sopravvento. È come se il nostro corpo staccasse la spina. 
Sono spossato. Stanco di continuare a spendere e perdere energie. Aspetto la provvidenziale influenza di stagione e il mio corpo l’ha intuito, reagendo in chiave psicosomatica. Ho crampi allo stomaco, male alla testa, sonno. Devo reagire, recuperare le forze, e questo può avvenire solo grazie a idee positive.
Ho approfittato di un fine settimana da solo per definire questo mio stato di passività generale. Sento di aver dato tutto al fumetto e di non avere più energie per il resto. Sono diventato pigro. Non la pigrizia del volgare paresseux, beninteso, ma una pigrizia comunque creativa, analoga all’ozio del filosofo. Una pigrizia nobile. 
I pigri hanno sempre voglia di far qualcosa. D’altronde si dice che un vero pigro abbia comunque almeno un interesse. Così, per ritrovare il gusto dell’azione, sono ripartito dal mio piacere per la cucina. Perché nel piacere non c’è sforzo, ed è probabilmente per questo che ai fornelli continuo ad avere un sacco di idee. Come questa lasagnetta invernale, che anche i vegetariani potranno gustare eliminando semplicemente il lardo. 
Assaggiarla ci riconcilia con la vita che abbiamo, perché vivere bene è un concetto relativo, sta a noi trovare il modo di farlo.
Piangere serve solo a farci venire più rughe. Meglio ridere di gusto, allora. Almeno quando saremo vecchi avremo le rughe nei punti giusti.

PRIMI > LASAGNETTE INVERNALI CON LARDO DI COLONNATA, RICOTTA DI PECORA, CAVOLO NERO E CREMA DI CANNELLINI

Sfoglia fresca > 250 g (6 fogli)
Lardo di Colonnata > 120 g
Cavolo nero > 500 g
Fagioli Cannellini > 300 g
Ricotta di pecora > 200 g
Parmigiano Reggiano > 200 g
Brodo vegetale > ½ litro
Aglio > 2 spicchi
Cipolla > ½
Alloro > 3 foglie
Peperoncino > 1 pizzico
Olio extravergine di oliva > 4 cucchiai
Sale > 1 pizzico

Mettete i fagioli cannellini secchi in ammollo per 6 ore.
Nel frattempo pulite il cavolo nero, eliminando le costole più dure, e lavatene le singole foglie con cura.
Fate soffriggere nell’olio extravergine d’oliva gli spicchi d’aglio sbucciati e leggermente schiacciati.
Aggiungete le foglie intere del cavolo nero e lasciatele appassire, bagnandole di tanto in tanto con un mestolo di brodo vegetale.
Regolate di sale, unite un pizzico di peperoncino e proseguite la cottura per circa 30 minuti.
Mettete i fagioli cannellini in una pentola insieme alla cipolla, all’alloro e a un pizzico di sale, coprite a filo con l’acqua e fate cuocere per circa un’ora a fuoco dolce.
Eliminate le foglie d’alloro, quindi trasferite i fagioli e la cipolla nel bicchiere del mixer a immersione.
Riducete il tutto in crema, unendo del brodo vegetale per raggiungere la giusta consistenza cremosa.
Lessate la sfoglia fresca per 2 minuti in acqua salata, un foglio alla volta.
Scolate ogni foglio e immergetelo in acqua ghiacciata, poi asciugatelo tamponandolo delicatamente con uno strofinaccio pulito.
Imburrate generosamente una teglia per lasagne e stendete il primo foglio di pasta sfoglia.
Coprite con qualche fettina di lardo, qualche cucchiaio di crema di cannellini, le foglie stufate di cavolo nero e una manciata abbondante di Parmigiano Reggiano grattugiato.
Stendete gli altri fogli di pasta sfoglia, aggiungendo su ognuno il lardo, la crema di cannellini, le foglie stufate di cavolo nero, alternando di strato in strato il Parmigiano Reggiano e la ricotta setacciata.
Riscaldate il forno e cuocete le lasagnette invernali per 40 minuti a 180°.
Una volta pronte, lasciatele riposare per 10 minuti a temperatura ambiente prima di servirle.