Andy Warhol una volta disse: «Credo che un artista sappia fare bene qualunque cosa; cucinare, per esempio». E io ho preso alla lettera le sue parole.
Con gli altri Kappa boys, nel novembre del 2000 ho aperto e gestito per alcuni anni il Sushi Café Kappa, primo ristorante giapponese a Bologna nonché una delle esperienze più elettrizzanti della mia vita, che mi ha insegnato più di un segreto sulla cucina giapponese e sull’arte dei cocktail.
Ricordo bene come tutto è iniziato. Amavamo la cucina giapponese ed eravamo stanchi di andare a Milano (o a Roma) per mangiare sushi. Può sembrare un po’ snob, ma volevamo mettere nella ristorazione la stessa passione e lo stesso rispetto per il Giappone che dimostravamo nella cura dei manga, da quando avevamo portato il fumetto giapponese in Italia.
All’inizio immaginavamo di aprire un piccolo take away, poi ci siamo detti che un paio di mensole e qualche sgabello sarebbero stati utili, per chi avesse voluto consumare direttamente sul posto. Poi un giorno suona alla porta della redazione un ragazzo che non conoscevamo, ci spiega al citofono che aveva saputo della nostra idea di aprire un locale in centro, che lui avrebbe voluto fare lo stesso in periferia, che avremmo potuto allearci per fare insieme gli acquisti e risparmiare. La famiglia di Patrizio aveva una discoteca, ma nemmeno lui aveva esperienze di ristorazione.
Lo abbiamo fatto salire e abbiamo iniziato a sognare insieme, e in quei nuovi sogni le mensole hanno lasciato il posto ad alcuni tavolini, poi a un’intera sala ristorante, affiancata da un’altra sala in cui poter bere un cocktail in attesa del tavolo, cullati dalle note lounge di un dj.
Non so come, ma un giorno tutto è diventato realtà. Il locale ha preso vita per mano dello studio di architetti che aveva firmato le più belle discoteche della riviera romagnola, tutto specchi e cascate d’acqua. In cucina sono arrivati due cuochi direttamente dal Giappone (Mata e Toru) e poi abbiamo ingaggiato camerieri, barman, performer.
Per due anni abbiamo fatto scoprire i veri sapori del Sol Levante, prima dei tanti ristoranti cino-giapponesi, prima del turismo di massa in Giappone, prima delle mode. Ne vado molto fiero.
In quegli anni ho osservato, imitato, imparato molte delle tecniche che svelo nei miei libri di cucina. Come in questa ricetta del sushi, che nel ricettario IN CUCINA CON GLI ANIME GIAPPONESI (pubblicato da Kappalab e giunto ormai alla terza ristampa) è abbinata a Detective Conan.
Itadakimasu!
SECONDI > SUSHI (CAFÈ KAPPA)
Aceto di riso > 70 ml
Zucchero > 1 cucchiaio
Sale > 1 cucchiaino
Alga konbu > 3x3 cm
Alga nori > 4 fogli
Salmone > 1 trancio (200 g)
Avocado > 1/2
Scaldate a fiamma bassa l’aceto di riso, lo zucchero e il sale, spegnendo il fuoco non appena lo zucchero si sarà sciolto, prima che il composto raggiunga l’ebollizione.
Aggiungete l’alga kombu e lasciate riposare la vinaigrette in frigo per 1 ora.
Sciacquate il riso in una bacinella di acqua fredda. Cambiate l’acqua e ripetete l’operazione fino a che non sarà limpida e trasparente.
Scolate il riso e fatelo riposare per 30 minuti.
Cuocetelo in una casseruola coperta, a fuoco medio, in 400 ml d’acqua.
Raggiunta l’ebollizione, abbassate la fiamma e coprite il tegame con un coperchio.
Cuocete per 13 minuti (senza sollevare il coperchio), poi spegnete il fuoco e lasciate riposare altri 10 minuti.
Trasferite il riso in un contenitore (meglio se di legno) largo e basso.
Versate la vinaigrette sul riso ancora caldo. Mescolate con una spatola bagnata facendo attenzione a non schiacciare il riso e avendo cura di sventolarlo con un giornale (l’aria favorirà il rapido assorbimento della vinaigrette).
Coprite con uno strofinaccio e tenete da parte (mai in frigo).
Tagliate a metà un avocado (non troppo maturo), eliminate il nocciolo, incidete la polpa e prelevatela con l’aiuto di un cucchiaio, quindi tagliatela a fettine.
Mettete un foglio di alga nori sul tappetino per sushi.
Stendete un pugno di riso con le mani bagnate, lasciando 1 cm vuoto lungo il bordo inferiore.
Disponete al centro le fettine di salmone e di avocado.
Partendo dal basso, arrotolate l’alga nori utilizzando il tappetino finché i bordi non si congiungono, praticando una leggera pressione in modo da sigillarli per bene.
Tagliate l’hosomaki a metà e poi ciascuna parte in 4 pezzi.
Se preferite un uramaki (come quello nella foto), capovolgete l’alga in modo che il riso sia a contatto con la stuoia e procedete dal punto 8.