mercoledì 22 settembre 2021

Crostata alla ricotta e frutti di bosco

Qual è il ricordo più nitido della tua infanzia?

Una semplice domanda, l’intramontabile gioco del conoscersi, e ieri sera a cena la conversazione è subito decollata con alcuni nuovi amici.

Più di ogni altra cosa, il cibo caratterizza la nostra vita, non solo nelle scelte presenti, ma anche nelle esperienze passate, perché coinvolge tutti i nostri sensi stimolando nel tempo gustosi e indelebili ricordi.

Dietro a un boccone si può nascondere una vita. Come quella petite madeleine che risveglia improvvisamente i ricordi d’infanzia di Marcel Proust, diventando il catalizzatore della recherche. Basta un morso e, con semplicità, tutto ha inizio. Il cibo diventa ricordo.

Nel mio caso è un ricordo che ha provocato la nascita di questo piatto. Quello di mia nonna che lavorava la ricotta con una forchetta, in modo da ammorbidirla, aggiungendo poi lo zucchero e un goccio di caffè. Mescolava con forza per far prendere aria alla ricotta e farla diventare più soffice, trasformandola così in una crema soffice e vellutata, che mi ha addolcito e saziato in tante merende, magari accompagnata da una fetta di ciambella.


DOLCI > CROSTATA ALLA RICOTTA E FRUTTI DI BOSCO



Farina > 300 g
Burro > 70 g
Uovo > 1
Zucchero > 120 g
Lievito per dolci > 1/2 bustina
Cognac > 1/2 bicchiere
Ricotta> 1/2 kg
Zucchero a velo > 80 g
Frutti di bosco > 300 g


Versate la farina in una ciotola capiente, unite il burro ammorbidito, l’uovo, lo zucchero semolato, il cognac e il lievito. Impastate velocemente e stendete metà del composto in una teglia imburrata, livellandolo in maniera uniforme. 

Lavorate la ricotta con lo zucchero a velo, unite i frutti di bosco e versate il tutto nella teglia. 

Adagiate il resto del composto a fiocchi sulla ricotta ai frutti di bosco. 

Fate cuocere per 40 minuti in forno a 180°. 

venerdì 10 settembre 2021

Pappa al pomodoro con capesante e mozzarella di bufala

Ieri sera a cena ci siamo divertiti a guardare le nostre vecchie foto sulla patente. E così ho scoperto che la mia era scaduta. Da due anni. 

Non guido di solito, lo faccio solo per lavoro, quando è necessario, quando sono solo. È Giorgio che guida, va dal meccanico, cambia le gomme, si occupa del motore. Io mi limito a stare nel sedile al suo fianco e qualche volta gli ricordo di frenare.

Quando le nostre nipotine erano piccole, si erano aggrappate a questo particolare per definire i ruoli nella nostra relazione. Giorgio guidava e io cucinavo. D’altra parte erano circondate da coppie eterosessuali, dove spesso i compiti sono sanciti dal sesso.

Non erano stupite dal fatto che fossimo due uomini e che ci amassimo, ma a sei anni stabilire i ruoli sembrava per loro fondamentale, anche se cercavano di non darlo a vedere. Poi un giorno mi hanno visto regalare dei fiori a Giorgio e sono andate in cortocircuito, perché di solito i fiori nella coppia li regala chi guida, non chi cucina, così ci hanno chiesto perché l’avessi fatto io. Non è stato difficile spiegare loro il perché. Da quel momento non ci sono state altre domande, mi piace pensare che abbiano capito come gli stereotipi di genere siano solo una catena che ci mantiene bloccati. Forse non se lo ricorderanno nemmeno più ora che sono due belle adolescenti.

Il concetto di genere è nato negli anni Settanta, quando le donne hanno preso coscienza del perdurare di una situazione di totale squilibrio tra i ruoli sessuali. Da questa profonda consapevolezza sono nati studi, associazioni, movimenti e politiche volte a riequilibrare l’uguaglianza tra i due sessi. Certo, uomini e donne non sono e non potranno mai essere la stessa cosa, ma devono avere gli stessi diritti. Solo così abbatteremo lo stereotipo del maschio dominante, aggressivo, competitivo, indipendente, ambizioso, sicuro di sé, avventuroso e decisionista, e anche quello femminile, affettuoso, remissivo, emotivo, empatico, loquace e gentile.

Ma rimane comunque il fatto che ho la patente scaduta, e che devo rinnovarla al più presto.


PRIMI > PAPPA AL POMODORO CON CAPESANTE E MOZZARELLA DI BUFALA


Passata di pomodori casareccia > 850 g

Pane toscano > 400 g

Capesante > 8

Mozzarella di bufala > 250 g

Aglio > 2 spicchi

Basilico > 1 mazzetto

Brodo di pesce > 1 litro

Olio extra vergine di oliva > qb

Peperoncino > 1 pizzico

Sale > 1 pizzico

Pepe > 1 pizzico 


Scaldate un filo d’olio extravergine d’oliva in una padella antiaderente e fate rosolare uno spicchio d’aglio a fuoco lento, fino a quando non sarà leggermente dorato. 

Unite la passata di pomodori e il mazzetto di basilico, salate, pepate e fate cuocere il tutto per qualche minuto, coprendo con un coperchio. 

Passate intanto il pane toscano al grill, facendolo leggermente tostare. 

Appena la salsa di pomodoro è pronta, aggiungere il brodo di pesce e il pane, mescolate il tutto a fuoco lento per qualche minuto, quindi fate riposare la pappa a temperatura ambiente per un’ora.

Pulite intanto le capesante staccando il mollusco dalla conchiglia aiutandovi con un coltellino. Rimuovete il corallo e le parti scure e sciacquatele sotto l’acqua corrente.

Scaldate un filo d’olio extravergine d’oliva in una padella antiaderente, aggiungete uno spicchio d’aglio e cuocete le capesante per un minuto e mezzo per lato, regolando di sale, quindi sfumate col vino bianco.

Prima di servire la pappa al pomodoro, scaldatela nuovamente aggiungendo un altro goccio d’olio. Guarnite con le capesante, la mozzarella di bufala tagliata a pezzetti e alcune foglie di basilico fresco. 

lunedì 30 agosto 2021

Polpette di luganega su crema di fagioli rossi

Ieri sera a cena mi sono divertito a giocare sulle apparenze. Forma e sostanza, naturalmente, perché nei piatti l’apparenza incanta, ma il palato non s’inganna mai. Così ho rivisitato alcune ricette povere per avvicinarle ai miei gusti e alla mia cucina creativa. 

Per il piatto che vi presento oggi sono partito, come a volte succede, da un vecchio film che ho intercettato facendo zapping in TV. L’ispirazione – stento io stesso a crederci – mi è arrivata guardando Terence Hill abbuffarsi di salsiccia e fagioli nella scena iniziale di “Lo Chiamavano Trinità”. Non è il mio piatto preferito, non lo è mai stato. E neppure un genere cinematografico che mi appassiona particolarmente. Però l’idea di invitare alcuni amici a una serata western 2.0 mi intrigava. 

E così, mentre gustavamo questa rivisitazione (anche un po’ destrutturata) di un piatto da veri cowboy, ci siamo soffermati sul principio stesso dell’apparenza che spesso tende a ingannare. 

C’è chi nasconde il proprio dolore dietro a un muro di sorrisi e chi, sotto una scorza apparentemente dura, cela invece una sensibilità disarmante. La verità va cercata sempre. Succede anche con quelle alghe le cui estremità affiorano apparentemente in superficie, ma a ben guardare sono radicate nell’oscuro fondo del mare.

«Ci sono delle cose che sembrano cattive e invece sono buone» scriveva Stefano Benni. «Si può tagliare un ramo per far star meglio l'albero, oppure per rovinarlo. C'è una pioggia che fa bene e una che fa marcire». 

L’abbiamo capito in amore, nelle amicizie, sul lavoro, in cucina. Ci sono persone che appaiono dolci e invece si rivelano ciniche. Passioni che sembrano eterne e al contrario si bruciano in un attimo. Abbinamenti culinari che pensi di non sopportare, eppure…


SECONDI > POLPETTE DI LUGANEGA SU CREMA DI FAGIOLI ROSSI



Luganega > 300 g

Parmigiano Reggiano > 100 g

Prugne secche > 100 g

Pangrattato > 100 g

Ricotta vaccina > 50 g

Uovo > 1

Vino bianco > 1/2 bicchiere

Fagioli rossi secchi > 70 g (o 160 g in scatola)

Aglio > 1 spicchio

Alloro > 3 foglie

Scalogno > 1

Brodo vegetale > 1/2 litro

Olio extraverdìgine d’oliva > qb

Sale > qb

Pepe > qb

Peperoncino > qb


Mettete a bagno i fagioli rossi per circa otto ore (io ho utilizzato i fagioli rossi di Lucca, presidio slow food). Una volta ammorbiditi, risciacquateli accuratamente e teneteli da parte. 

Incidete il budello delle luganeghe ed estraetene l’impasto. Versatelo in una ciotola capiente assieme al parmigiano reggiano grattugiato, alle prugne secche tritate al coltello, alla ricotta vaccina, all’uovo e a 50 g di pangrattato.

Aggiungete il sale, il pepe e impastate a lungo con le mani, per rendere il composto tenero e amalgamare alla perfezione tutti gli ingredienti.

Ricavate delle polpette grandi come una noce e passatele nel restante pangrattato.

Scaldate un filo d’olio extravergine d’oliva in una padella antiaderente e fate rosolare le polpette su tutti i lati. Bagnate col vino bianco e proseguite la cottura a fuoco medio per una decina di minuti, girandole continuamente (ma delicatamente) finché non saranno imbrunite.

In un pentolino antiaderente soffriggete intanto l’aglio e lo scalogno tritato finemente. Aggiungete i fagioli rossi, le foglie di alloro e il peperoncino, coprite a filo col brodo vegetale e fate cuocere a fuoco lento fino a quando il liquido non sarà evaporato.

Frullate i fagioli con l’aiuto di un mixer a immersione, ottenendo una crema vellutata. Nel caso il composto non sia abbastanza morbido, aggiungete un altro po’ di brodo vegetale.

Servite le polpette di luganega calde su un cucchiaio di crema di fagioli rossi.

sabato 21 agosto 2021

Hummus di avocado

Come il protagonista del mio nuovo romanzo, amo fare la spesa al supermercato, girare tra gli scaffali in cerca di cose mai provate, annusare, toccare, scegliere, guardare i prezzi e le novità gastronomiche, riempire il carrello fino all’orlo e spingerlo pesante tra le corsie. Non decido mai a priori cosa cucinare, preferisco lasciarmi trascinare dall’ispirazione del momento, guidare dai colori e dai profumi della frutta e della verdura. So che il pesce fresco deve avere l’odore tenue e salmastro della salsedine, la cornea trasparente e lucida, un colore iridescente, quasi metallico. E so che il manzo migliore ha una carne soda, elastica, di un rosso vivo e brillante.

Una volta a casa, sistemo le cose nel ripostiglio, nel frigorifero, e subito cucino e surgelo, così da avere qualcosa di buono a portata di mano per quando rientro tardi dal lavoro. E mentre aspetto mi preparo un veloce hummus aromatizzato (in questo caso all’avocado) per l’aperitivo.

Chi mi conosce sa quanto la cucina sia per me una valvola di sfogo, al pari solo della scrittura.

Non è un caso che queste due passioni convergano nel mio nuovo romanzo TORNERANNO GLI SGUARDI, in libreria dal 16 settembre per l’editrice Kappalab.



Alex è un avvocato in fuga. Ha lasciato l’auto e il telefono aziendale a Milano, ma soprattutto ha abbandonato gli amici e un amore a tempo determinato. Per nascondersi dal passato e dare un nuovo senso alla propria vita si rifugia a Ferrara, prendendo casa in un piccolo condominio nel ghetto ebraico della città. Lì conosce le studentesse d’arte Silvia e Anna, l’anziano nichilista Nicolas, la scrittrice di romanzi rosa Cassandra Morales, gli adolescenti Samuel e Luca, una distinta ficcanaso di nome Doris e l’enigmatico Lorenzo, di cui potrebbe innamorarsi per la prima volta. Così, per riuscire a legare meglio coi suoi nuovi vicini, Alex inizia a collezionare e custodire i loro segreti, in un romanzo che parla di dolori e aneliti, di emozioni e rinascita, di passioni e cucina.
Sono davvero tanti i piatti che i personaggi cucinano, mangiano o ricordano nel corso della storia. Per rendere la lettura del romanzo interattiva ho voluto così inserire in appendice un ricettario, perché tutti possiate condividere con Alex l’esperienza ai fornelli.
L’idea è piaciuta così tanto, che con Kappalab abbiamo pensato a un regalo speciale per chi preacquisterà TORNERANNO GLI SGUARDI entro il 16 settembre sul sito dell’editore: un ricettario extra davvero esclusivo, non essendo distribuito altrimenti!
RICETTE VINTAGE – LA CUCINA CREATIVA NEI PIATTI DELLA TRADIZIONE ricorda nella forma un vero e proprio menù, ma al suo interno presenta cinque ricette (aperitivo, antipasto, primo, secondo e dolce) per un pranzo completo e… creativo, naturalmente!
Per averlo, cliccate qui.



APERITIVO > HUMMUS DI AVOCADO



Avocado > 1 
Ceci secchi > 80 g (oppure 230 g di ceci cotti) 

Lime > 1

Salsa tahina >2 cucchiai 

Cumino > ½ cucchiaino 

Olio EVO > 3 cucchiai

Semi di sesamo > 2 cucchiai 

Peperoncino > 1 pizzico 

Sale > 1 pizzico


Versate i ceci secchi in un contenitore capiente e copriteli d’acqua fredda, eliminando quelli che vengono a galla. Trascorse 12 ore scolateli e sciacquateli bene. Cuoceteli in acqua fredda non salata per 30 minuti.

Tagliate intanto a metà un avocado maturo, eliminate il nocciolo, incidete la polpa e prelevatela con l’aiuto di un cucchiaio, quindi versatela nel bicchiere del mixer a immersione. Aggiungete i ceci, il succo del lime, la salsa tahina, il cumino tostato in padella, il peperoncino, il sale e l’olio extravergine d’oliva. 

Frullate fino a ottenere una crema liscia e omogenea.

Tostate i semi di sesamo in una padella antiaderente. Appena iniziano a dorare fateli raffreddare e guarnite l’hummus di avocado.

Accompagnate con verdure crude o appena sbollentate.

venerdì 16 luglio 2021

Salmone tataki con riduzione al vino passito di Pantelleria e albicocche

L’altra sera a cena con una famiglia di amici abbiamo parlato di curiosità sessuale. Il mondo corre vorticosamente. Quando ero adolescente lottavamo per uscire allo scoperto, definendoci in maniera unica e totalitaria. Eravamo gay (o lesbiche) senza sfumature. Oggi sembra che non esistano abbastanza parole per descrivere tutte le variabili inerenti l’orientamento sessuale, caratteristica permeata da una serie di stereotipi approssimativi e false credenze
S. è giovane, si sente bloccata dalle definizioni. Non vuole etichette, perché non sa ancora chi la attrarrà. Si sente potenzialmente pansessuale, perché il suo desiderio parrebbe stimolato soltanto dalla personalità, quindi svincolato sia dal genere che dall’orientamento sessuale del partner.
La sessualità umana è un campo vasto e ha molteplici variabili. Genere e orientamento sessuale possono dare vita a infinite combinazioni, anche molto fluide e non etichettabili.
Tredici anni fa la psicologa e docente Lisa Diamond aveva già coniato il termine “sexual fluidity” per indicare quella fluidità sessuale che non prevede una rigidità nelle scelte e nei desideri di un individuo nel corso della propria vita. E questo non implica che chiunque sia bisessuale o che l’orientamento sessuale non esista. 
Sono lontani i tempi dei rapporti di Alfred Kinsey. Nella scala che porta il suo nome, il sessuologo statunitense si limitava a sette livelli di valutazione – da una tendenza esclusivamente eterosessuale a una propensione esclusivamente omosessuale, passando per diverse sfumature di bisessualità – senza però coprire tutte le possibili identità sessuali e senza soddisfare chi s’identifica come non-binario.
Quando pensavamo di aver elencato tutti gli orientamenti possibili, compresa l’asessualità e la polisessualità, S. ci ha preso in contropiede. Un ragazzo della sua scuola ha fatto coming out dichiarandosi “oggettofilo”. Ama gli oggetti, uno in particolare. La sua attrazione non è puramente sessuale, ma si concentra anche sull’oggetto stesso e sulle sue qualità.
Mi sono documentato. Se si tratta di un meccanismo di difesa di tipo compensativo (gli oggetti inanimati non lo deluderanno né tradiranno mai), di un effetto secondario della sindrome di Asperger o di un reale orientamento, come sostiene la sessuologa Amy Masch, forse solo il tempo ce lo dirà. Ma l’idea che una persona possa amare (e volersi sposare) con la Torre Eiffel, con un’automobile o con una cabina telefonica, mi lascia un senso di scoramento. Un mio limite? Forse, ma l’amore – se vero amore – dev’essere ricambiato. Sempre.


SECONDI > SALMONE TATAKI CON RIDUZIONE AL VINO PASSITO DI PANTELLERIA E ALBICOCCHE




Salmone > 4 filetti
Sake > 1 bicchiere
Salsa di soia > 300 ml
Zucchero > 3 cucchiai
Aglio > 1 spicchio
Zenzero fresco > 2 cm

Sciogliete lo zucchero in un’emulsione di salsa di soia e sake (in alternativa potete usare del vino bianco aromatico), aggiungendo l’aglio pestato e lo zenzero grattugiato. 
Dopo esservi assicurati di eliminare eventuali spine, immergete i filetti di salmone nella marinatura e lasciateli riposare per 30 minuti a temperatura ambiente.
Asciugate i filetti e passateli nei semi di sesamo, avendo cura di ricoprirli uniformemente.
Filtrate intanto la marinatura, trasferitela in un pentolino e fatela cuocere a fuoco lento finché non si sarà ristretta di circa un terzo del suo volume. Vi servirà per la salsa.
Scaldate la piastra per grigliare i filetti di salmone (deve essere molto calda) e scottateli 1 minuto per lato (regolatevi in base alla dimensione del filetto: l’importante è non esagerare nella cottura per far sì che l’interno rimanga rosa).
Una volta pronti, tagliate i filetti di salmone a fettine di medio spessore.


Per la salsa di accompagnamento:

Vino passito > 1 bicchiere
Albicocche secche > 10
Scalogno > 1
Zucchero di canna > 2 cucchiai
Olio extravergine di oliva > 2 cucchiai
Sale > 1 pizzico
Pepe > 1 pizzico


Ammollate le albicocche in acqua tiepida. 
Affettate intanto lo scalogno e fatelo appassire in un pentolino antiaderente con l’olio EVO.
Unite lo zucchero, il vino passito e le albicocche tagliate a pezzetti.
Regolate di sale e di pepe e cuocete a fuoco lento fino a quando le albicocche non saranno completamente sfaldate.
Frullate il tutto con un mixer a immersione aggiungendo la marinatura precedentemente ristretta, ottenendo una salsa densa e profumata.

martedì 6 luglio 2021

Crama di finocchi e pere con totani

Ieri sera a cena abbiamo ricordato le vacanze prima del lockdown, le nuotate nel Tirreno, nel Mediterraneo, ma anche nel Mar dei Caraibi, nell’Oceano Pacifico, e naturalmente nell’Adriatico, per avventure di un solo giorno, ma ugualmente spericolate. Abbiamo parlato di salsedine e di cibo, del mare brillante dell’estate e di quello calmo della primavera, di quello intenso dell’autunno e di quello inquieto e profondo dell’inverno, perché ogni stagione ha la sua luce che si riflette sullo specchio dell’acqua e da cui è impossibile sottrarsi.
A. è un uomo di mare. Le persone che hanno il mare dentro si riconoscono dal guizzo nei loro occhi, da quel modo unico di guardare attraverso le onde, che equivale a osservarsi dentro, e da come scrutano l’orizzonte, che indica il loro voler andare sempre oltre.
Non ha mai vissuto, prima di Ferrara, in città vicine al mare. E non ha mai considerato la spiaggia come una variabile estiva da fine settimana. Per lui il mare è sinonimo di vacanze lontane o di passeggiate solitarie sulla riviera ligure, quando non fa ancora freddo e puoi uscire senza giacca, mentre il vento inizia a insinuarsi nell’aria. In quel particolare momento in cui i ricordi dell’estate sono ancora vividi e la prospettiva dell’inverno è troppo vicina, il mare ha un’allure tutta sua. Intimista, personale, introspettiva. Specialmente dopo una notte di burrasca, quando la spiaggia si riempie di conchiglie di cui non si conosce il nome e di legni che sembrano sculture. Perché il mare è di tutti, ma d’autunno non è per tutti. Quando il colore prende il sopravvento sul calore e la brezza si fa leggera e fresca, il mare si riposa, ascolta chi ne ha bisogno e risponde, quasi timidamente, a chi sa apprezzarne la bellezza.
A. mi ha fatto ripensare a Oceano mare di Alessandro Baricco, un libro che ho odiato nella forma ma adorato nei contenuti. Sulla terraferma ci sono regole che accumulano e generano problemi, pensieri, ansie e paure. Solo il mare riesce a rilassarci e, nel suo incanto, a non farci pensare a nulla, se non a noi stessi. Un mare onnisciente che tutto sa e tutto tace, che allontana, separa, uccide, ma al contempo avvolge, placando ogni dolore e alimentando la speranza.
“Chi ama il mare sarà sempre libero” ho letto un giorno sulla litoranea di Barletta. E ho cercato di decifrarne il senso il questa ricetta.

ANTIPASTI > CREMA DI FINOCCHI E PERE CON TOTANI



Patate medie > 3
Finocchi > 4
Pere Kaiser > 4
Totani > 400 g
Cipolla > ½
Limone > 1
Brodo vegetale > ½ litro
Aglio > 1 spicchio
Erba cipollina > 1 mazzetto
Olio extravergine d’oliva > qb
Peperoncino > 1 pizzico
Liquirizia in polvere > 1 pizzico
Sale > qb
Pepe nero > qb
Pepe rosa > qb

Pulite i finocchi e tagliateli a spicchi.
Con le barbe e le foglie troppo dure e fibrose preparate un brodo, coprendole con acqua fredda, aggiungendo una fettina di limone, aggiustando di sale e facendo sobbollire per 50 minuti. 
Sbucciate intanto le pere e le patate, quindi tagliatele a pezzetti.
Tritate la cipolla e fatela soffriggere in una pentola con 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva. 
Aggiungete i finocchi, le pere e le patate e rosolateli per qualche minuto a fuoco vivace, insaporendo con un pizzico di peperoncino.
Versate il brodo di finocchio caldo fino a coprire completamente le verdure e proseguite la cottura per 30 minuti.
Sciacquate i totani e tagliate le sacche a listarelle di 1 cm circa, lasciandole riposare per 1 ora in un’emulsione di succo di limone, olio EVO, pepe rosa, aglio schiacciato ed erba cipollina tritata.
Trasferite i totani in una padella antiaderente e fateli saltare per 3 minuti nella loro marinatura filtrata.
Terminata la cottura delle verdure, salate, pepate e frullate con l’aiuto di un mixer a immersione, fino a ottenere una crema vellutata. Nel caso il composto non sia abbastanza morbido, aggiungete un altro po’ di brodo di finocchio.
Versate la vellutata di finocchi e pere in una ciotola, unite i totani, qualche grano di sale grosso, un pizzico di liquirizia e un filo d’olio EVO a crudo.

lunedì 21 giugno 2021

Polpo e pere su crema tiepida di sedano e zenzero

Si dice che in cucina l’umore influenzi i piatti. «Non si deve stare ai fornelli se non si è nel giusto stato d’animo». L’ho sentito un’infinità di volte. Un tempo persino ci credevo. Ma non è come dire «Non si deve andare a letto arrabbiati», riferendosi a una coppia. E di certo non può essere per tutti lo stesso. Se non posso cucinare quando sono di cattivo umore, perché la rabbia si trasferirebbe immediatamente nei miei piatti, come posso ritrovare la serenità? Se non posso cucinare quando sono malinconico, perché senza il giusto livello di attenzione e sicurezza non si ottengono piatti di qualità, come posso ritrovare il sorriso?
Per me il cibo ha da sempre un effetto terapeutico, ancor più il cucinare. Impastare, marinare, sfilettare, ogni azione in cucina presuppone un’abilità, ma è anche un modo per esprimere sé stessi, alleviare lo stress, consolidare legami. Cucinare non significa limitarsi ad assemblare alimenti. Per me all’inizio è stato un modo per mettermi alla prova, per imparare a cavarmela da solo, dandomi degli obiettivi, pianificando modi e tempi, gestendo gli imprevisti. Erano gli anni della carriera, delle prime riviste, dei contratti internazionali. Poi ho continuato a cucinare per gratificarmi e concedermi attenzioni, coinvolgendo maggiormente i sensi, scegliendo gli alimenti in base al loro profumo, imparando ad assaggiare, ad ascoltare le cotture, a distinguere le consistenze, a colorare i miei piatti. E ad avere pazienza. Erano gli anni in cui cercavo di capire chi ero al di là della professione. Poi mi sono aperto agli altri, ho imparato a comunicare attraverso le mie ricette, a condividere, a sedurre, a fare pace. Erano gli anni in cui ho scoperto l’amore e la vita di coppia.
Oggi mi trovo spesso a cucinare per ritrovare il mio equilibrio e il giusto stato d’animo. Realizzare nuovi piatti è il mezzo che preferisco – l’unico a mia disposizione, per la verità – per non farmi inghiottire dall’ansia, per continuare ad avere fiducia in me e in chi mi sta intorno. E mentre cucino ho tutto il tempo per immaginare nuove storie, provare dialoghi, fantasticare sui personaggi.
Perché un piatto è come un libro, necessita sempre di qualcuno con cui condividerlo.

ANTIPASTI > POLPO E PERE SU CREMA DI SEDANO E ZENZERO



Polpo > 1
Sedano > ½ cespo (circa 400 g) + 1 gambo
Patate > 2
Cipolla > 1 e ½ 
Carota > 1
Alloro > 3 foglie
Bacche di ginepro > 10
Zenzero fresco > 3 cm di radice
Vino bianco > ½ bicchiere
Burro > 30 g
Olio EVO > 3 cucchiai
Brodo vegetale > ½ l
Pepe in grani > 10
Sale > qb
Pepe rosa > qb

Riempite d’acqua una pentola molto capiente, aggiungete il sale, la carota, il gambo di sedano, 1 cipolla, le foglie di alloro, il pepe in grani, le bacche di ginepro e il vino bianco.
Portate a ebollizione, quindi immergete il polpo nell’acqua per tre volte tenendolo dalla testa, finché i suoi tentacoli non si saranno arricciati.
Lasciate il polpo nell’acqua bollente, abbassate la fiamma, e fatelo cuocere coperto per un’ora e mezza (se volete una carne tenerissima). Spegnete quindi il fuoco, e fatelo raffreddare nell’acqua di cottura.
Nel frattempo lavate bene ½ cespo di sedano, eliminate i filamenti fibrosi e tagliatelo a pezzi, foglie comprese.
Sbucciate le patate e tagliatele a pezzetti.
Fate sciogliere il burro in una pentola e fate soffriggere ½ cipolla e lo zenzero grattugiato, quindi unite il sedano e le patate e fate insaporire per qualche minuto.
Versate il brodo caldo fino a coprire le verdure, aggiustate di sale e cuocete a fiamma bassa per 30 minuti, o finché le patate e il sedano non saranno morbidi.
Con l’aiuto di un mixer a immersione, riducete in crema unendo altro brodo vegetale per raggiungere la consistenza preferita. 
Scolate il polpo e passatelo sotto l’acqua corrente, strofinando delicatamente i tentacoli per eliminare la pelle e le ventose, e poi tagliatelo a pezzetti.
Sbucciate la pera e tagliatela a pezzetti.
Versate un mestolo di crema tiepida di sedano nel piatto, avendo cura di stenderla uniformemente.
Adagiatevi sopra il polpo e le pere e condite con l’olio EVO e il pepe rosa pestato.

venerdì 18 giugno 2021

Vellutata di zucca allo zafferano con polvere di bresaola della Valtellina e burrata di Andria

Ho cambiato troppi indirizzi nella mia vita per poter sentire davvero come mia una casa in cui ho vissuto. Mi sono spesso chiesto come fosse vivere in quelle ville che ospitano intere generazioni della stessa famiglia, che accolgono nonni, figli, nipoti, che hanno un camino in cui gettare le scorze d’arancia e parquet che profumano di cera appena passata e di tempo cristallizzato, che hanno librerie che odorano di carta, inchiostro e sapienza, il cui aroma è la quintessenza di tutti gli odori, la geografia dell’eroe.
Le case in cui sono vissuto finora le sentivo come incomplete, precarie. Sapevo che presto o tardi me ne sarei andato, perché non erano mie, perché sarei cresciuto e avrei voluto vivere nuove esperienze, perché avrei avuto una famiglia tutta mia da inventare. 
Nell’attesa, forse per sentirmi meno solo, ho sempre scelto di abitare in appartamenti con un passato e una storia da raccontare. Certi mobili abbandonati non hanno quell’acume cosciente che li rende recettori responsabili: apri ante rimaste chiuse per troppo tempo e l’odore dei ricordi ti trascina in una sorta d’intimità estranea, ma che ti fa sentire comunque a casa. 
Ora, finalmente, ho smesso di cercare. Da qualche settimana viviamo nella nostra nuova casa, che è una casa di famiglia, un meraviglioso appartamento che ruota intorno a un grande terrazzo privato (che diventerà l’orto urbano per le mie nuove ricette), con soffitti alti, ampi spazi e numerose finestre che riempiono le tante stanze di luce, a cominciare dall’immenso salotto con camino. Una casa a cui altri hanno legato ricordi e che da ora registrerà e custodirà i nostri. 
La vita è fatta di nuovi inizi, anche quando meno te l’aspetti, anche quando i nuovi inizi non presuppongono tagli col passato, ma un premio per la serenità finalmente raggiunta.

PRIMI > VELLUTATA DI ZUCCA ALLO ZAFFERANO CON POLVERE DI BRESAOLA DELLA VALTELLINA E BURRATA DI ANDRIA


Patate medie > 4

Zucca > 400 g
Zafferano > 1 bustina
Bresaola > 50 g
Cipolla > ½
Farina bianca > 1 cucchiaio
Brodo vegetale > ½ litro
Olio extravergine d’oliva > 4 cucchiai
Sale > 1 pizzico
Pepe > 1 pizzico

Per il brodo vegetale:
Porro > 1
Zucchina > 1
Sedano > 1
Carote > 2
Pomodoro > 1

Preparate un brodo vegetale con la zucchina, il sedano, le carote, il porro e i pomodori. Filtratelo e tenetelo da parte.
Sbucciate le patate e tagliatele a pezzetti.
Sbucciate la zucca, privatela dei semi interni e tagliatela a pezzetti.
Tritate la cipolla e fatela soffriggere in una pentola con 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva. 
Aggiungete le patate e la zucca e rosolatele per qualche minuto a fuoco vivace.
Versate il brodo caldo fino a coprire completamente le verdure, aggiungete lo zafferano e proseguite la cottura per 30 minuti.
Sistemate intanto le fettine di bresaola su un foglio di carta da forno e infornatele per 8 minuti a 160°.
Una volta pronte, lasciatele raffreddare e polverizzatele.
Terminata la cottura delle verdure, unite la farina, il sale e il pepe, e frullate con l’aiuto di un mixer a immersione, fino a ottenere una crema vellutata. Nel caso il composto non sia abbastanza morbido, aggiungete un altro po’ di brodo vegetale.
Servite la vellutata aggiungendo una quenelle di burrata (vi basterà lavorare con due cucchiai la parte interna più cremosa e filamentosa) e guarnendo con la polvere di bresaola. 

mercoledì 16 giugno 2021

Budino di yogurt ai frutti rossi

Quanto tempo è passato dalla mia ultima ricetta? Tanto, troppo. Negli ultimi anni mi sono allontanato dai fornelli per dedicarmi a tempo pieno alla scrittura. Sono nati così un graphic novel (o “romanzo a fumetti”), un racconto lungo e un romanzo di narrativa. Tre progetti molto diversi tra loro, ma legati da un sottile filo rosso: la lotta alle discriminazioni.

Il graphic novel s’intitola Le semplici cose, è disegnato da Andrea Accardi ed è uscito per Feltrinelli alla vigilia del lockdown pandemico, cosa non facile per una storia che affronta il delicato tema della maternità surrogata, un cammino complesso che costringe tante famiglie omogenitoriali a scontrarsi col pregiudizio di chi li circonda, di chi li ama ma non va comunque oltre il rifiuto e di chi accetta l’omosessualità ma non tutto ciò che questa comporta.
Il racconto s’intitola I sogni non si decidono e fa parte dell’antologia Queerfobia, uscita questo mese per D Editore. Un libro corale, pensato per fornire un sostegno all’iter legislativo del ddl Zan, poiché manca ancora in Italia una legge che stigmatizzi la violenza esercitata nei confronti delle persone per motivi di sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Oltre ad affrontare il bullismo sotto vari punti di vista (quello tra adolescenti  a scuola, ma anche quello di un preside nei confronti di un professore), il mio racconto tocca anche il tema dell'omofobia interiorizzata, ovvero l'accettazione passiva di una cultura omofoba da parte di quei gay e quelle lesbiche che fanno propri il pregiudizio, le etichette negative e gli atteggiamenti discriminatori verso la sfera omoerotica. Una storia che vuole stimolare il confronto, perché il suicidio è la seconda causa di morte tra gli adolescenti, a livello mondiale. E gli adolescenti omosessuali, bisessuali e transessuali hanno un tasso di rischio di suicidio tre volte e mezzo superiore rispetto ai loro coetanei eterosessuali.
Il romanzo s’intitola Torneranno gli sguardi e uscirà a settembre per l’editrice Kappalab. È una commedia quotidiana che parla di fuga, accettazione, orientamento sessuale e identità di genere, ma anche e soprattutto di cucina, e che avrà un’appendice di ricette. Così sono tornato in cucina e mi sono dato da fare. E non intendo più smettere.


DOLCI > BUDINO DI YOGURT AI FRUTTI ROSSI




Yogurt magro > 300 g
Miele > 1 cucchiaio
Limone > ½ (non trattato)
Colla di pesce > 2 fogli
Gin > 2 cucchiai
Lamponi > 200 g
Mirtilli > 150 g
Fragole > 150 g
Peperoncino > 1 pizzico
Zucchero > 1 cucchiaio


Frullate lo yogurt magro con un cucchiaio di miele e la scorza grattugiata di ½ limone. 
Fate sciogliere in un pentolino a fuoco lento 2 fogli di colla di pesce precedentemente ammollati e strizzati con 2 cucchiai di gin e 1 cucchiaio d’acqua.
Unite la gelatina ottenuta allo yogurt, mescolando molto bene per evitare la formazione di grumi.
Versate il tutto negli stampini monoporzione precedentemente bagnati, aggiungendo i lamponi e i mirtilli interi.
Lasciate raffreddare a temperatura ambiente per un’ora, poi trasferite il budino in frigo per sei ore.
Al momento del dessert, sformate i budini di yogurt guarnendoli con fragole e un cucchiaino di composta di fragole al peperoncino. Per farla basta mondare 100 g di fragole, lavarle, asciugarle, tagliarle a pezzetti e farle cuocere in un pentolino con 1 cucchiaio di zucchero e 1 pizzico di peperoncino.