Si dice che in cucina l’umore influenzi i piatti. «Non si deve stare ai fornelli se non si è nel giusto stato d’animo». L’ho sentito un’infinità di volte. Un tempo persino ci credevo. Ma non è come dire «Non si deve andare a letto arrabbiati», riferendosi a una coppia. E di certo non può essere per tutti lo stesso. Se non posso cucinare quando sono di cattivo umore, perché la rabbia si trasferirebbe immediatamente nei miei piatti, come posso ritrovare la serenità? Se non posso cucinare quando sono malinconico, perché senza il giusto livello di attenzione e sicurezza non si ottengono piatti di qualità, come posso ritrovare il sorriso?
Per me il cibo ha da sempre un effetto terapeutico, ancor più il cucinare. Impastare, marinare, sfilettare, ogni azione in cucina presuppone un’abilità, ma è anche un modo per esprimere sé stessi, alleviare lo stress, consolidare legami. Cucinare non significa limitarsi ad assemblare alimenti. Per me all’inizio è stato un modo per mettermi alla prova, per imparare a cavarmela da solo, dandomi degli obiettivi, pianificando modi e tempi, gestendo gli imprevisti. Erano gli anni della carriera, delle prime riviste, dei contratti internazionali. Poi ho continuato a cucinare per gratificarmi e concedermi attenzioni, coinvolgendo maggiormente i sensi, scegliendo gli alimenti in base al loro profumo, imparando ad assaggiare, ad ascoltare le cotture, a distinguere le consistenze, a colorare i miei piatti. E ad avere pazienza. Erano gli anni in cui cercavo di capire chi ero al di là della professione. Poi mi sono aperto agli altri, ho imparato a comunicare attraverso le mie ricette, a condividere, a sedurre, a fare pace. Erano gli anni in cui ho scoperto l’amore e la vita di coppia.
Oggi mi trovo spesso a cucinare per ritrovare il mio equilibrio e il giusto stato d’animo. Realizzare nuovi piatti è il mezzo che preferisco – l’unico a mia disposizione, per la verità – per non farmi inghiottire dall’ansia, per continuare ad avere fiducia in me e in chi mi sta intorno. E mentre cucino ho tutto il tempo per immaginare nuove storie, provare dialoghi, fantasticare sui personaggi.
Perché un piatto è come un libro, necessita sempre di qualcuno con cui condividerlo.
Per me il cibo ha da sempre un effetto terapeutico, ancor più il cucinare. Impastare, marinare, sfilettare, ogni azione in cucina presuppone un’abilità, ma è anche un modo per esprimere sé stessi, alleviare lo stress, consolidare legami. Cucinare non significa limitarsi ad assemblare alimenti. Per me all’inizio è stato un modo per mettermi alla prova, per imparare a cavarmela da solo, dandomi degli obiettivi, pianificando modi e tempi, gestendo gli imprevisti. Erano gli anni della carriera, delle prime riviste, dei contratti internazionali. Poi ho continuato a cucinare per gratificarmi e concedermi attenzioni, coinvolgendo maggiormente i sensi, scegliendo gli alimenti in base al loro profumo, imparando ad assaggiare, ad ascoltare le cotture, a distinguere le consistenze, a colorare i miei piatti. E ad avere pazienza. Erano gli anni in cui cercavo di capire chi ero al di là della professione. Poi mi sono aperto agli altri, ho imparato a comunicare attraverso le mie ricette, a condividere, a sedurre, a fare pace. Erano gli anni in cui ho scoperto l’amore e la vita di coppia.
Oggi mi trovo spesso a cucinare per ritrovare il mio equilibrio e il giusto stato d’animo. Realizzare nuovi piatti è il mezzo che preferisco – l’unico a mia disposizione, per la verità – per non farmi inghiottire dall’ansia, per continuare ad avere fiducia in me e in chi mi sta intorno. E mentre cucino ho tutto il tempo per immaginare nuove storie, provare dialoghi, fantasticare sui personaggi.
Perché un piatto è come un libro, necessita sempre di qualcuno con cui condividerlo.
ANTIPASTI > POLPO E PERE SU CREMA DI SEDANO E ZENZERO
Polpo > 1
Sedano > ½ cespo (circa 400 g) + 1 gambo
Patate > 2
Cipolla > 1 e ½
Carota > 1
Alloro > 3 foglie
Bacche di ginepro > 10
Zenzero fresco > 3 cm di radice
Vino bianco > ½ bicchiere
Burro > 30 g
Olio EVO > 3 cucchiai
Brodo vegetale > ½ l
Pepe in grani > 10
Sale > qb
Pepe rosa > qb
Riempite d’acqua una pentola molto capiente, aggiungete il sale, la carota, il gambo di sedano, 1 cipolla, le foglie di alloro, il pepe in grani, le bacche di ginepro e il vino bianco.
Portate a ebollizione, quindi immergete il polpo nell’acqua per tre volte tenendolo dalla testa, finché i suoi tentacoli non si saranno arricciati.
Lasciate il polpo nell’acqua bollente, abbassate la fiamma, e fatelo cuocere coperto per un’ora e mezza (se volete una carne tenerissima). Spegnete quindi il fuoco, e fatelo raffreddare nell’acqua di cottura.
Nel frattempo lavate bene ½ cespo di sedano, eliminate i filamenti fibrosi e tagliatelo a pezzi, foglie comprese.
Sbucciate le patate e tagliatele a pezzetti.
Fate sciogliere il burro in una pentola e fate soffriggere ½ cipolla e lo zenzero grattugiato, quindi unite il sedano e le patate e fate insaporire per qualche minuto.
Versate il brodo caldo fino a coprire le verdure, aggiustate di sale e cuocete a fiamma bassa per 30 minuti, o finché le patate e il sedano non saranno morbidi.
Con l’aiuto di un mixer a immersione, riducete in crema unendo altro brodo vegetale per raggiungere la consistenza preferita.
Scolate il polpo e passatelo sotto l’acqua corrente, strofinando delicatamente i tentacoli per eliminare la pelle e le ventose, e poi tagliatelo a pezzetti.
Sbucciate la pera e tagliatela a pezzetti.
Versate un mestolo di crema tiepida di sedano nel piatto, avendo cura di stenderla uniformemente.
Adagiatevi sopra il polpo e le pere e condite con l’olio EVO e il pepe rosa pestato.
Nessun commento:
Posta un commento