Ieri sera a cena abbiamo ricordato le vacanze prima del lockdown, le nuotate nel Tirreno, nel Mediterraneo, ma anche nel Mar dei Caraibi, nell’Oceano Pacifico, e naturalmente nell’Adriatico, per avventure di un solo giorno, ma ugualmente spericolate. Abbiamo parlato di salsedine e di cibo, del mare brillante dell’estate e di quello calmo della primavera, di quello intenso dell’autunno e di quello inquieto e profondo dell’inverno, perché ogni stagione ha la sua luce che si riflette sullo specchio dell’acqua e da cui è impossibile sottrarsi.
A. è un uomo di mare. Le persone che hanno il mare dentro si riconoscono dal guizzo nei loro occhi, da quel modo unico di guardare attraverso le onde, che equivale a osservarsi dentro, e da come scrutano l’orizzonte, che indica il loro voler andare sempre oltre.
Non ha mai vissuto, prima di Ferrara, in città vicine al mare. E non ha mai considerato la spiaggia come una variabile estiva da fine settimana. Per lui il mare è sinonimo di vacanze lontane o di passeggiate solitarie sulla riviera ligure, quando non fa ancora freddo e puoi uscire senza giacca, mentre il vento inizia a insinuarsi nell’aria. In quel particolare momento in cui i ricordi dell’estate sono ancora vividi e la prospettiva dell’inverno è troppo vicina, il mare ha un’allure tutta sua. Intimista, personale, introspettiva. Specialmente dopo una notte di burrasca, quando la spiaggia si riempie di conchiglie di cui non si conosce il nome e di legni che sembrano sculture. Perché il mare è di tutti, ma d’autunno non è per tutti. Quando il colore prende il sopravvento sul calore e la brezza si fa leggera e fresca, il mare si riposa, ascolta chi ne ha bisogno e risponde, quasi timidamente, a chi sa apprezzarne la bellezza.
A. mi ha fatto ripensare a Oceano mare di Alessandro Baricco, un libro che ho odiato nella forma ma adorato nei contenuti. Sulla terraferma ci sono regole che accumulano e generano problemi, pensieri, ansie e paure. Solo il mare riesce a rilassarci e, nel suo incanto, a non farci pensare a nulla, se non a noi stessi. Un mare onnisciente che tutto sa e tutto tace, che allontana, separa, uccide, ma al contempo avvolge, placando ogni dolore e alimentando la speranza.
“Chi ama il mare sarà sempre libero” ho letto un giorno sulla litoranea di Barletta. E ho cercato di decifrarne il senso il questa ricetta.
ANTIPASTI > CREMA DI FINOCCHI E PERE CON TOTANI
Patate medie > 3
Finocchi > 4
Pere Kaiser > 4
Totani > 400 g
Cipolla > ½
Limone > 1
Brodo vegetale > ½ litro
Aglio > 1 spicchio
Erba cipollina > 1 mazzetto
Olio extravergine d’oliva > qb
Peperoncino > 1 pizzico
Liquirizia in polvere > 1 pizzico
Sale > qb
Pepe nero > qb
Pepe rosa > qb
Pulite i finocchi e tagliateli a spicchi.
Con le barbe e le foglie troppo dure e fibrose preparate un brodo, coprendole con acqua fredda, aggiungendo una fettina di limone, aggiustando di sale e facendo sobbollire per 50 minuti.
Sbucciate intanto le pere e le patate, quindi tagliatele a pezzetti.
Tritate la cipolla e fatela soffriggere in una pentola con 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva.
Aggiungete i finocchi, le pere e le patate e rosolateli per qualche minuto a fuoco vivace, insaporendo con un pizzico di peperoncino.
Versate il brodo di finocchio caldo fino a coprire completamente le verdure e proseguite la cottura per 30 minuti.
Sciacquate i totani e tagliate le sacche a listarelle di 1 cm circa, lasciandole riposare per 1 ora in un’emulsione di succo di limone, olio EVO, pepe rosa, aglio schiacciato ed erba cipollina tritata.
Trasferite i totani in una padella antiaderente e fateli saltare per 3 minuti nella loro marinatura filtrata.
Terminata la cottura delle verdure, salate, pepate e frullate con l’aiuto di un mixer a immersione, fino a ottenere una crema vellutata. Nel caso il composto non sia abbastanza morbido, aggiungete un altro po’ di brodo di finocchio.
Versate la vellutata di finocchi e pere in una ciotola, unite i totani, qualche grano di sale grosso, un pizzico di liquirizia e un filo d’olio EVO a crudo.
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