Ho cambiato troppi indirizzi nella mia vita per poter sentire davvero come mia una casa in cui ho vissuto. Mi sono spesso chiesto come fosse vivere in quelle ville che ospitano intere generazioni della stessa famiglia, che accolgono nonni, figli, nipoti, che hanno un camino in cui gettare le scorze d’arancia e parquet che profumano di cera appena passata e di tempo cristallizzato, che hanno librerie che odorano di carta, inchiostro e sapienza, il cui aroma è la quintessenza di tutti gli odori, la geografia dell’eroe.
Le case in cui sono vissuto finora le sentivo come incomplete, precarie. Sapevo che presto o tardi me ne sarei andato, perché non erano mie, perché sarei cresciuto e avrei voluto vivere nuove esperienze, perché avrei avuto una famiglia tutta mia da inventare.
Nell’attesa, forse per sentirmi meno solo, ho sempre scelto di abitare in appartamenti con un passato e una storia da raccontare. Certi mobili abbandonati non hanno quell’acume cosciente che li rende recettori responsabili: apri ante rimaste chiuse per troppo tempo e l’odore dei ricordi ti trascina in una sorta d’intimità estranea, ma che ti fa sentire comunque a casa.
Ora, finalmente, ho smesso di cercare. Da qualche settimana viviamo nella nostra nuova casa, che è una casa di famiglia, un meraviglioso appartamento che ruota intorno a un grande terrazzo privato (che diventerà l’orto urbano per le mie nuove ricette), con soffitti alti, ampi spazi e numerose finestre che riempiono le tante stanze di luce, a cominciare dall’immenso salotto con camino. Una casa a cui altri hanno legato ricordi e che da ora registrerà e custodirà i nostri.
La vita è fatta di nuovi inizi, anche quando meno te l’aspetti, anche quando i nuovi inizi non presuppongono tagli col passato, ma un premio per la serenità finalmente raggiunta.
Le case in cui sono vissuto finora le sentivo come incomplete, precarie. Sapevo che presto o tardi me ne sarei andato, perché non erano mie, perché sarei cresciuto e avrei voluto vivere nuove esperienze, perché avrei avuto una famiglia tutta mia da inventare.
Nell’attesa, forse per sentirmi meno solo, ho sempre scelto di abitare in appartamenti con un passato e una storia da raccontare. Certi mobili abbandonati non hanno quell’acume cosciente che li rende recettori responsabili: apri ante rimaste chiuse per troppo tempo e l’odore dei ricordi ti trascina in una sorta d’intimità estranea, ma che ti fa sentire comunque a casa.
Ora, finalmente, ho smesso di cercare. Da qualche settimana viviamo nella nostra nuova casa, che è una casa di famiglia, un meraviglioso appartamento che ruota intorno a un grande terrazzo privato (che diventerà l’orto urbano per le mie nuove ricette), con soffitti alti, ampi spazi e numerose finestre che riempiono le tante stanze di luce, a cominciare dall’immenso salotto con camino. Una casa a cui altri hanno legato ricordi e che da ora registrerà e custodirà i nostri.
La vita è fatta di nuovi inizi, anche quando meno te l’aspetti, anche quando i nuovi inizi non presuppongono tagli col passato, ma un premio per la serenità finalmente raggiunta.
PRIMI > VELLUTATA DI ZUCCA ALLO ZAFFERANO CON POLVERE DI BRESAOLA DELLA VALTELLINA E BURRATA DI ANDRIA
Patate medie > 4
Zucca > 400 g
Zafferano > 1 bustina
Bresaola > 50 g
Cipolla > ½
Farina bianca > 1 cucchiaio
Brodo vegetale > ½ litro
Olio extravergine d’oliva > 4 cucchiai
Sale > 1 pizzico
Pepe > 1 pizzico
Per il brodo vegetale:
Porro > 1
Zucchina > 1
Sedano > 1
Carote > 2
Pomodoro > 1
Preparate un brodo vegetale con la zucchina, il sedano, le carote, il porro e i pomodori. Filtratelo e tenetelo da parte.
Sbucciate le patate e tagliatele a pezzetti.
Sbucciate la zucca, privatela dei semi interni e tagliatela a pezzetti.
Tritate la cipolla e fatela soffriggere in una pentola con 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva.
Aggiungete le patate e la zucca e rosolatele per qualche minuto a fuoco vivace.
Versate il brodo caldo fino a coprire completamente le verdure, aggiungete lo zafferano e proseguite la cottura per 30 minuti.
Sistemate intanto le fettine di bresaola su un foglio di carta da forno e infornatele per 8 minuti a 160°.
Una volta pronte, lasciatele raffreddare e polverizzatele.
Terminata la cottura delle verdure, unite la farina, il sale e il pepe, e frullate con l’aiuto di un mixer a immersione, fino a ottenere una crema vellutata. Nel caso il composto non sia abbastanza morbido, aggiungete un altro po’ di brodo vegetale.
Servite la vellutata aggiungendo una quenelle di burrata (vi basterà lavorare con due cucchiai la parte interna più cremosa e filamentosa) e guarnendo con la polvere di bresaola.
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