venerdì 16 luglio 2021

Salmone tataki con riduzione al vino passito di Pantelleria e albicocche

L’altra sera a cena con una famiglia di amici abbiamo parlato di curiosità sessuale. Il mondo corre vorticosamente. Quando ero adolescente lottavamo per uscire allo scoperto, definendoci in maniera unica e totalitaria. Eravamo gay (o lesbiche) senza sfumature. Oggi sembra che non esistano abbastanza parole per descrivere tutte le variabili inerenti l’orientamento sessuale, caratteristica permeata da una serie di stereotipi approssimativi e false credenze
S. è giovane, si sente bloccata dalle definizioni. Non vuole etichette, perché non sa ancora chi la attrarrà. Si sente potenzialmente pansessuale, perché il suo desiderio parrebbe stimolato soltanto dalla personalità, quindi svincolato sia dal genere che dall’orientamento sessuale del partner.
La sessualità umana è un campo vasto e ha molteplici variabili. Genere e orientamento sessuale possono dare vita a infinite combinazioni, anche molto fluide e non etichettabili.
Tredici anni fa la psicologa e docente Lisa Diamond aveva già coniato il termine “sexual fluidity” per indicare quella fluidità sessuale che non prevede una rigidità nelle scelte e nei desideri di un individuo nel corso della propria vita. E questo non implica che chiunque sia bisessuale o che l’orientamento sessuale non esista. 
Sono lontani i tempi dei rapporti di Alfred Kinsey. Nella scala che porta il suo nome, il sessuologo statunitense si limitava a sette livelli di valutazione – da una tendenza esclusivamente eterosessuale a una propensione esclusivamente omosessuale, passando per diverse sfumature di bisessualità – senza però coprire tutte le possibili identità sessuali e senza soddisfare chi s’identifica come non-binario.
Quando pensavamo di aver elencato tutti gli orientamenti possibili, compresa l’asessualità e la polisessualità, S. ci ha preso in contropiede. Un ragazzo della sua scuola ha fatto coming out dichiarandosi “oggettofilo”. Ama gli oggetti, uno in particolare. La sua attrazione non è puramente sessuale, ma si concentra anche sull’oggetto stesso e sulle sue qualità.
Mi sono documentato. Se si tratta di un meccanismo di difesa di tipo compensativo (gli oggetti inanimati non lo deluderanno né tradiranno mai), di un effetto secondario della sindrome di Asperger o di un reale orientamento, come sostiene la sessuologa Amy Masch, forse solo il tempo ce lo dirà. Ma l’idea che una persona possa amare (e volersi sposare) con la Torre Eiffel, con un’automobile o con una cabina telefonica, mi lascia un senso di scoramento. Un mio limite? Forse, ma l’amore – se vero amore – dev’essere ricambiato. Sempre.


SECONDI > SALMONE TATAKI CON RIDUZIONE AL VINO PASSITO DI PANTELLERIA E ALBICOCCHE




Salmone > 4 filetti
Sake > 1 bicchiere
Salsa di soia > 300 ml
Zucchero > 3 cucchiai
Aglio > 1 spicchio
Zenzero fresco > 2 cm

Sciogliete lo zucchero in un’emulsione di salsa di soia e sake (in alternativa potete usare del vino bianco aromatico), aggiungendo l’aglio pestato e lo zenzero grattugiato. 
Dopo esservi assicurati di eliminare eventuali spine, immergete i filetti di salmone nella marinatura e lasciateli riposare per 30 minuti a temperatura ambiente.
Asciugate i filetti e passateli nei semi di sesamo, avendo cura di ricoprirli uniformemente.
Filtrate intanto la marinatura, trasferitela in un pentolino e fatela cuocere a fuoco lento finché non si sarà ristretta di circa un terzo del suo volume. Vi servirà per la salsa.
Scaldate la piastra per grigliare i filetti di salmone (deve essere molto calda) e scottateli 1 minuto per lato (regolatevi in base alla dimensione del filetto: l’importante è non esagerare nella cottura per far sì che l’interno rimanga rosa).
Una volta pronti, tagliate i filetti di salmone a fettine di medio spessore.


Per la salsa di accompagnamento:

Vino passito > 1 bicchiere
Albicocche secche > 10
Scalogno > 1
Zucchero di canna > 2 cucchiai
Olio extravergine di oliva > 2 cucchiai
Sale > 1 pizzico
Pepe > 1 pizzico


Ammollate le albicocche in acqua tiepida. 
Affettate intanto lo scalogno e fatelo appassire in un pentolino antiaderente con l’olio EVO.
Unite lo zucchero, il vino passito e le albicocche tagliate a pezzetti.
Regolate di sale e di pepe e cuocete a fuoco lento fino a quando le albicocche non saranno completamente sfaldate.
Frullate il tutto con un mixer a immersione aggiungendo la marinatura precedentemente ristretta, ottenendo una salsa densa e profumata.

martedì 6 luglio 2021

Crama di finocchi e pere con totani

Ieri sera a cena abbiamo ricordato le vacanze prima del lockdown, le nuotate nel Tirreno, nel Mediterraneo, ma anche nel Mar dei Caraibi, nell’Oceano Pacifico, e naturalmente nell’Adriatico, per avventure di un solo giorno, ma ugualmente spericolate. Abbiamo parlato di salsedine e di cibo, del mare brillante dell’estate e di quello calmo della primavera, di quello intenso dell’autunno e di quello inquieto e profondo dell’inverno, perché ogni stagione ha la sua luce che si riflette sullo specchio dell’acqua e da cui è impossibile sottrarsi.
A. è un uomo di mare. Le persone che hanno il mare dentro si riconoscono dal guizzo nei loro occhi, da quel modo unico di guardare attraverso le onde, che equivale a osservarsi dentro, e da come scrutano l’orizzonte, che indica il loro voler andare sempre oltre.
Non ha mai vissuto, prima di Ferrara, in città vicine al mare. E non ha mai considerato la spiaggia come una variabile estiva da fine settimana. Per lui il mare è sinonimo di vacanze lontane o di passeggiate solitarie sulla riviera ligure, quando non fa ancora freddo e puoi uscire senza giacca, mentre il vento inizia a insinuarsi nell’aria. In quel particolare momento in cui i ricordi dell’estate sono ancora vividi e la prospettiva dell’inverno è troppo vicina, il mare ha un’allure tutta sua. Intimista, personale, introspettiva. Specialmente dopo una notte di burrasca, quando la spiaggia si riempie di conchiglie di cui non si conosce il nome e di legni che sembrano sculture. Perché il mare è di tutti, ma d’autunno non è per tutti. Quando il colore prende il sopravvento sul calore e la brezza si fa leggera e fresca, il mare si riposa, ascolta chi ne ha bisogno e risponde, quasi timidamente, a chi sa apprezzarne la bellezza.
A. mi ha fatto ripensare a Oceano mare di Alessandro Baricco, un libro che ho odiato nella forma ma adorato nei contenuti. Sulla terraferma ci sono regole che accumulano e generano problemi, pensieri, ansie e paure. Solo il mare riesce a rilassarci e, nel suo incanto, a non farci pensare a nulla, se non a noi stessi. Un mare onnisciente che tutto sa e tutto tace, che allontana, separa, uccide, ma al contempo avvolge, placando ogni dolore e alimentando la speranza.
“Chi ama il mare sarà sempre libero” ho letto un giorno sulla litoranea di Barletta. E ho cercato di decifrarne il senso il questa ricetta.

ANTIPASTI > CREMA DI FINOCCHI E PERE CON TOTANI



Patate medie > 3
Finocchi > 4
Pere Kaiser > 4
Totani > 400 g
Cipolla > ½
Limone > 1
Brodo vegetale > ½ litro
Aglio > 1 spicchio
Erba cipollina > 1 mazzetto
Olio extravergine d’oliva > qb
Peperoncino > 1 pizzico
Liquirizia in polvere > 1 pizzico
Sale > qb
Pepe nero > qb
Pepe rosa > qb

Pulite i finocchi e tagliateli a spicchi.
Con le barbe e le foglie troppo dure e fibrose preparate un brodo, coprendole con acqua fredda, aggiungendo una fettina di limone, aggiustando di sale e facendo sobbollire per 50 minuti. 
Sbucciate intanto le pere e le patate, quindi tagliatele a pezzetti.
Tritate la cipolla e fatela soffriggere in una pentola con 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva. 
Aggiungete i finocchi, le pere e le patate e rosolateli per qualche minuto a fuoco vivace, insaporendo con un pizzico di peperoncino.
Versate il brodo di finocchio caldo fino a coprire completamente le verdure e proseguite la cottura per 30 minuti.
Sciacquate i totani e tagliate le sacche a listarelle di 1 cm circa, lasciandole riposare per 1 ora in un’emulsione di succo di limone, olio EVO, pepe rosa, aglio schiacciato ed erba cipollina tritata.
Trasferite i totani in una padella antiaderente e fateli saltare per 3 minuti nella loro marinatura filtrata.
Terminata la cottura delle verdure, salate, pepate e frullate con l’aiuto di un mixer a immersione, fino a ottenere una crema vellutata. Nel caso il composto non sia abbastanza morbido, aggiungete un altro po’ di brodo di finocchio.
Versate la vellutata di finocchi e pere in una ciotola, unite i totani, qualche grano di sale grosso, un pizzico di liquirizia e un filo d’olio EVO a crudo.

lunedì 21 giugno 2021

Polpo e pere su crema tiepida di sedano e zenzero

Si dice che in cucina l’umore influenzi i piatti. «Non si deve stare ai fornelli se non si è nel giusto stato d’animo». L’ho sentito un’infinità di volte. Un tempo persino ci credevo. Ma non è come dire «Non si deve andare a letto arrabbiati», riferendosi a una coppia. E di certo non può essere per tutti lo stesso. Se non posso cucinare quando sono di cattivo umore, perché la rabbia si trasferirebbe immediatamente nei miei piatti, come posso ritrovare la serenità? Se non posso cucinare quando sono malinconico, perché senza il giusto livello di attenzione e sicurezza non si ottengono piatti di qualità, come posso ritrovare il sorriso?
Per me il cibo ha da sempre un effetto terapeutico, ancor più il cucinare. Impastare, marinare, sfilettare, ogni azione in cucina presuppone un’abilità, ma è anche un modo per esprimere sé stessi, alleviare lo stress, consolidare legami. Cucinare non significa limitarsi ad assemblare alimenti. Per me all’inizio è stato un modo per mettermi alla prova, per imparare a cavarmela da solo, dandomi degli obiettivi, pianificando modi e tempi, gestendo gli imprevisti. Erano gli anni della carriera, delle prime riviste, dei contratti internazionali. Poi ho continuato a cucinare per gratificarmi e concedermi attenzioni, coinvolgendo maggiormente i sensi, scegliendo gli alimenti in base al loro profumo, imparando ad assaggiare, ad ascoltare le cotture, a distinguere le consistenze, a colorare i miei piatti. E ad avere pazienza. Erano gli anni in cui cercavo di capire chi ero al di là della professione. Poi mi sono aperto agli altri, ho imparato a comunicare attraverso le mie ricette, a condividere, a sedurre, a fare pace. Erano gli anni in cui ho scoperto l’amore e la vita di coppia.
Oggi mi trovo spesso a cucinare per ritrovare il mio equilibrio e il giusto stato d’animo. Realizzare nuovi piatti è il mezzo che preferisco – l’unico a mia disposizione, per la verità – per non farmi inghiottire dall’ansia, per continuare ad avere fiducia in me e in chi mi sta intorno. E mentre cucino ho tutto il tempo per immaginare nuove storie, provare dialoghi, fantasticare sui personaggi.
Perché un piatto è come un libro, necessita sempre di qualcuno con cui condividerlo.

ANTIPASTI > POLPO E PERE SU CREMA DI SEDANO E ZENZERO



Polpo > 1
Sedano > ½ cespo (circa 400 g) + 1 gambo
Patate > 2
Cipolla > 1 e ½ 
Carota > 1
Alloro > 3 foglie
Bacche di ginepro > 10
Zenzero fresco > 3 cm di radice
Vino bianco > ½ bicchiere
Burro > 30 g
Olio EVO > 3 cucchiai
Brodo vegetale > ½ l
Pepe in grani > 10
Sale > qb
Pepe rosa > qb

Riempite d’acqua una pentola molto capiente, aggiungete il sale, la carota, il gambo di sedano, 1 cipolla, le foglie di alloro, il pepe in grani, le bacche di ginepro e il vino bianco.
Portate a ebollizione, quindi immergete il polpo nell’acqua per tre volte tenendolo dalla testa, finché i suoi tentacoli non si saranno arricciati.
Lasciate il polpo nell’acqua bollente, abbassate la fiamma, e fatelo cuocere coperto per un’ora e mezza (se volete una carne tenerissima). Spegnete quindi il fuoco, e fatelo raffreddare nell’acqua di cottura.
Nel frattempo lavate bene ½ cespo di sedano, eliminate i filamenti fibrosi e tagliatelo a pezzi, foglie comprese.
Sbucciate le patate e tagliatele a pezzetti.
Fate sciogliere il burro in una pentola e fate soffriggere ½ cipolla e lo zenzero grattugiato, quindi unite il sedano e le patate e fate insaporire per qualche minuto.
Versate il brodo caldo fino a coprire le verdure, aggiustate di sale e cuocete a fiamma bassa per 30 minuti, o finché le patate e il sedano non saranno morbidi.
Con l’aiuto di un mixer a immersione, riducete in crema unendo altro brodo vegetale per raggiungere la consistenza preferita. 
Scolate il polpo e passatelo sotto l’acqua corrente, strofinando delicatamente i tentacoli per eliminare la pelle e le ventose, e poi tagliatelo a pezzetti.
Sbucciate la pera e tagliatela a pezzetti.
Versate un mestolo di crema tiepida di sedano nel piatto, avendo cura di stenderla uniformemente.
Adagiatevi sopra il polpo e le pere e condite con l’olio EVO e il pepe rosa pestato.

venerdì 18 giugno 2021

Vellutata di zucca allo zafferano con polvere di bresaola della Valtellina e burrata di Andria

Ho cambiato troppi indirizzi nella mia vita per poter sentire davvero come mia una casa in cui ho vissuto. Mi sono spesso chiesto come fosse vivere in quelle ville che ospitano intere generazioni della stessa famiglia, che accolgono nonni, figli, nipoti, che hanno un camino in cui gettare le scorze d’arancia e parquet che profumano di cera appena passata e di tempo cristallizzato, che hanno librerie che odorano di carta, inchiostro e sapienza, il cui aroma è la quintessenza di tutti gli odori, la geografia dell’eroe.
Le case in cui sono vissuto finora le sentivo come incomplete, precarie. Sapevo che presto o tardi me ne sarei andato, perché non erano mie, perché sarei cresciuto e avrei voluto vivere nuove esperienze, perché avrei avuto una famiglia tutta mia da inventare. 
Nell’attesa, forse per sentirmi meno solo, ho sempre scelto di abitare in appartamenti con un passato e una storia da raccontare. Certi mobili abbandonati non hanno quell’acume cosciente che li rende recettori responsabili: apri ante rimaste chiuse per troppo tempo e l’odore dei ricordi ti trascina in una sorta d’intimità estranea, ma che ti fa sentire comunque a casa. 
Ora, finalmente, ho smesso di cercare. Da qualche settimana viviamo nella nostra nuova casa, che è una casa di famiglia, un meraviglioso appartamento che ruota intorno a un grande terrazzo privato (che diventerà l’orto urbano per le mie nuove ricette), con soffitti alti, ampi spazi e numerose finestre che riempiono le tante stanze di luce, a cominciare dall’immenso salotto con camino. Una casa a cui altri hanno legato ricordi e che da ora registrerà e custodirà i nostri. 
La vita è fatta di nuovi inizi, anche quando meno te l’aspetti, anche quando i nuovi inizi non presuppongono tagli col passato, ma un premio per la serenità finalmente raggiunta.

PRIMI > VELLUTATA DI ZUCCA ALLO ZAFFERANO CON POLVERE DI BRESAOLA DELLA VALTELLINA E BURRATA DI ANDRIA


Patate medie > 4

Zucca > 400 g
Zafferano > 1 bustina
Bresaola > 50 g
Cipolla > ½
Farina bianca > 1 cucchiaio
Brodo vegetale > ½ litro
Olio extravergine d’oliva > 4 cucchiai
Sale > 1 pizzico
Pepe > 1 pizzico

Per il brodo vegetale:
Porro > 1
Zucchina > 1
Sedano > 1
Carote > 2
Pomodoro > 1

Preparate un brodo vegetale con la zucchina, il sedano, le carote, il porro e i pomodori. Filtratelo e tenetelo da parte.
Sbucciate le patate e tagliatele a pezzetti.
Sbucciate la zucca, privatela dei semi interni e tagliatela a pezzetti.
Tritate la cipolla e fatela soffriggere in una pentola con 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva. 
Aggiungete le patate e la zucca e rosolatele per qualche minuto a fuoco vivace.
Versate il brodo caldo fino a coprire completamente le verdure, aggiungete lo zafferano e proseguite la cottura per 30 minuti.
Sistemate intanto le fettine di bresaola su un foglio di carta da forno e infornatele per 8 minuti a 160°.
Una volta pronte, lasciatele raffreddare e polverizzatele.
Terminata la cottura delle verdure, unite la farina, il sale e il pepe, e frullate con l’aiuto di un mixer a immersione, fino a ottenere una crema vellutata. Nel caso il composto non sia abbastanza morbido, aggiungete un altro po’ di brodo vegetale.
Servite la vellutata aggiungendo una quenelle di burrata (vi basterà lavorare con due cucchiai la parte interna più cremosa e filamentosa) e guarnendo con la polvere di bresaola. 

mercoledì 16 giugno 2021

Budino di yogurt ai frutti rossi

Quanto tempo è passato dalla mia ultima ricetta? Tanto, troppo. Negli ultimi anni mi sono allontanato dai fornelli per dedicarmi a tempo pieno alla scrittura. Sono nati così un graphic novel (o “romanzo a fumetti”), un racconto lungo e un romanzo di narrativa. Tre progetti molto diversi tra loro, ma legati da un sottile filo rosso: la lotta alle discriminazioni.

Il graphic novel s’intitola Le semplici cose, è disegnato da Andrea Accardi ed è uscito per Feltrinelli alla vigilia del lockdown pandemico, cosa non facile per una storia che affronta il delicato tema della maternità surrogata, un cammino complesso che costringe tante famiglie omogenitoriali a scontrarsi col pregiudizio di chi li circonda, di chi li ama ma non va comunque oltre il rifiuto e di chi accetta l’omosessualità ma non tutto ciò che questa comporta.
Il racconto s’intitola I sogni non si decidono e fa parte dell’antologia Queerfobia, uscita questo mese per D Editore. Un libro corale, pensato per fornire un sostegno all’iter legislativo del ddl Zan, poiché manca ancora in Italia una legge che stigmatizzi la violenza esercitata nei confronti delle persone per motivi di sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Oltre ad affrontare il bullismo sotto vari punti di vista (quello tra adolescenti  a scuola, ma anche quello di un preside nei confronti di un professore), il mio racconto tocca anche il tema dell'omofobia interiorizzata, ovvero l'accettazione passiva di una cultura omofoba da parte di quei gay e quelle lesbiche che fanno propri il pregiudizio, le etichette negative e gli atteggiamenti discriminatori verso la sfera omoerotica. Una storia che vuole stimolare il confronto, perché il suicidio è la seconda causa di morte tra gli adolescenti, a livello mondiale. E gli adolescenti omosessuali, bisessuali e transessuali hanno un tasso di rischio di suicidio tre volte e mezzo superiore rispetto ai loro coetanei eterosessuali.
Il romanzo s’intitola Torneranno gli sguardi e uscirà a settembre per l’editrice Kappalab. È una commedia quotidiana che parla di fuga, accettazione, orientamento sessuale e identità di genere, ma anche e soprattutto di cucina, e che avrà un’appendice di ricette. Così sono tornato in cucina e mi sono dato da fare. E non intendo più smettere.


DOLCI > BUDINO DI YOGURT AI FRUTTI ROSSI




Yogurt magro > 300 g
Miele > 1 cucchiaio
Limone > ½ (non trattato)
Colla di pesce > 2 fogli
Gin > 2 cucchiai
Lamponi > 200 g
Mirtilli > 150 g
Fragole > 150 g
Peperoncino > 1 pizzico
Zucchero > 1 cucchiaio


Frullate lo yogurt magro con un cucchiaio di miele e la scorza grattugiata di ½ limone. 
Fate sciogliere in un pentolino a fuoco lento 2 fogli di colla di pesce precedentemente ammollati e strizzati con 2 cucchiai di gin e 1 cucchiaio d’acqua.
Unite la gelatina ottenuta allo yogurt, mescolando molto bene per evitare la formazione di grumi.
Versate il tutto negli stampini monoporzione precedentemente bagnati, aggiungendo i lamponi e i mirtilli interi.
Lasciate raffreddare a temperatura ambiente per un’ora, poi trasferite il budino in frigo per sei ore.
Al momento del dessert, sformate i budini di yogurt guarnendoli con fragole e un cucchiaino di composta di fragole al peperoncino. Per farla basta mondare 100 g di fragole, lavarle, asciugarle, tagliarle a pezzetti e farle cuocere in un pentolino con 1 cucchiaio di zucchero e 1 pizzico di peperoncino.

domenica 20 luglio 2014

Insalata di pasta al mango curry con feta, mela verde, pachino e menta

Forse vi sarà capitato di vedere, nelle piazze delle vostre città, alcune persone che manifestano stando in piedi con un libro in mano, ferme, immobili, come ferme e immobili sono le loro idee.
Non manifestano infatti per i propri diritti, ma per la negazione di quelli altrui.
Si fanno chiamare Sentinelle in Piedi e conducono una battaglia contro le rivendicazioni delle persone gay, lesbiche e transessuali. Perché, se è vero che il motivo del loro dissenso sarebbe quello di vegliare sulla libertà di espressione e opinione, la stessa si declina solo ed esclusivamente sul tema della negazione dei diritti per le persone omosessuali.
Secondo l’Agenzia per i Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, l’omofobia danneggia ogni anno la salute e la carriera di milioni di persone. L’Italia è il paese dell’Unione Europea con il maggior tasso di omofobia sociale, politica e istituzionale: secondo i dati del Dipartimento di Salute Pubblica, i suicidi della popolazione gay legati alla discriminazione omofobica costituirebbero il 30% di tutti i suicidi tra gli adolescenti.
In un periodo in cui si moltiplicano le aggressioni omofobiche, le Sentinelle in Piedi schierano a esercito le frange più fondamentaliste del cattolicesimo nazionale e dell’estrema destra alimentando l’odio e la violenza.
Quando una società non si accorge di “sentinelle” e di “milizie” che prendono terreno è ora di riconfigurare l’attenzione, e valutare bene i rischi che si possono correre a sottovalutare l’invasività del fondamentalismo nello spazio pubblico.
Pensateci quando li vedrete. 
È come se qualcuno manifestasse oggi per il diritto a offendere e perseguitare gli ebrei, i neri, le donne, inficiando anni di lotte e conquiste sociali, dai matrimoni misti ai diritti dei lavoratori, fino al diritto al divorzio o all’aborto…
Qui non è in discussione la fede individuale, ma l’uso politico della religione e della fede. E non possiamo permettere che siano le minoranze aggressive oltranziste a “difendere” la vita, la famiglia, la morale, la sessualità e le relazioni tra i generi.
Alle Sentinelle in Piedi non posso che ricordare le parole di Simone, 21 anni, che si è buttato da un palazzo di undici piani perché deriso, discriminato ed emarginato in quanto gay: «L’Italia è un Paese democratico, libero. Ma è anche una nazione dove ci sono persone omofobe. E chi ha questi atteggiamenti dovrà fare i conti con la propria coscienza».

PRIMI > INSALATA DI PASTA AL MANGO CURRY CON FETA, MELA VERDE, PACHINO E MENTA

Pasta corta > 300 g
Pomodorini pachino > 150 g
Mele Granny Smith > 1
Formaggio Feta > 150 g
Curry > 3 cucchiai
Mango in polvere > 1 cucchiaio
Menta > 1 mazzetto
Limone > 1
Olio estravergine d’oliva > ½ bicchiere
Sale > 1 pizzico
Pepe > 1 pizzico

Sciogliete 2 cucchiai di curry nell’acqua di cottura della pasta.
Scolatela al dente e fatela raffreddare con un getto veloce di acqua fredda. Scolatela nuovamente facendo molta attenzione: se la pasta rimane bagnata assorbirà l’acqua e risulterà collosa.
Versate la pasta in un’insalatiera e conditela con un’emulsione di olio extravergine d’oliva, curry e mango in polvere.
Lasciate riposare in frigo per circa un’ora.
Lavate intanto i pomodorini pachino, tagliateli in quattro e conditeli con poco olio extravergine d’oliva, sale e pepe.
Tagliate il formaggio feta in dadini di circa 1 cm.
Sbucciate la mela e tagliatela a dadini di circa 1 cm (irrorando con poco succo di limone perché non anneriscano).
Lavate delicatamente le foglie di menta e asciugatele su un foglio di carta da cucina.
Togliete la pasta dal frigo, unite i pomodorini pachino, il formaggio feta, la mela e le foglie di menta spezzate a mano.
Mescolate delicatamente e servite subito, guarnendo con qualche foglia di menta.

La polvere di mango viene prodotta lavorandone i frutti: vengono affettati, fatti essiccare e macinati. Si trova in commercio anche col nome amchoor o amchur. Ha un colore che va dal nocciola al rosato, un profumo fresco e un gusto immediatamente aspro e pungente che rilascia poi al palato dolci note fruttate e sfumature di miele. Il suo contenuto di ferro, antiossidanti, vitamina A ed E, aiuta a combattere l'acidità di stomaco e migliora la digestione. Lo trovate in vandita nei supermercati etnici, nelle migliori erboristerie oppure on line.

giovedì 19 giugno 2014

Torta allo zafferano con confettura di liquirizia

Il Salone del Mobile di Milano ha sancito la vera fine del pop-luxury design. «Meno lusso, più uso», sembra essere il nuovo mantra della società dei consumi, e così il design sta tornando finalmente alla portata di tutti.
La funzionalità è al centro del processo creativo. Le nuove parole d’ordine sono sostenibilità e condivisione, perché il design è uno strumento potente per ottenere un cambiamento, è frutto di una progettazione culturalmente consapevole, fornisce l’opportunità di introdurre la sostenibilità nel tessuto sociale più ampio, portando la gente a desiderare uno stile di vita più sostenibile.
Stile, progetto e creatività sono ormai di casa anche a Ferrara grazie a Pop Design, un concept store fatto di persone e oggetti, luoghi e intangibiltà, anima e carne, emozioni e storia.
Nato da un’idea di Giorgio Paparo, Pop Design Store racconta le nuove tendenze e gli stili di vita originali ed esclusivi del mondo contemporaneo, riscoprendo e valorizzando le produzioni e le attività locali.

Davanti un negozio, dietro un laboratorio. In realtà un continuum tra il prodotto e la sua storia, che spesso è una seconda occasione, dove bottoni vintage diventano anelli unici, dove cravatte d’antan si trasformano in borse e vecchie pubblicità campeggiano su T-shirt d’autore.
Ma Pop Design Store è molto di più.
Un mix di culture, di eccellenze, di design, di brand e di differenti tipologie di prodotti, tra cui anelli, occhiali, orologi, borse, lampade e complementi d’arredo, che si uniscono per dar vita a un’unica offerta di buon gusto, da ammirare, da interpretare, da vivere.
Brand internazionali di prestigio come Lexon, Pijama, Monkey Glasses, Batucada, Reisenthel, See-Concept, ma anche artigianato italiano di qualità, dagli zaini If alle cinture Madeinpà, dai cravattini Usine des Fous ai portafogli in carta (indistruttibile) Differenp.
Un concept store indipendente, che propone articoli meno noti alla grande distribuzione che puntano su una forte attenzione per il dettaglio, per la qualità e per i materiali.
Il tutto a prezzi competitivi, grazie a una fliera corta e a processi produttivi flessibili. Perché anche a Ferrara possa riecheggiare lo slogan «Meno lusso, più uso».
PopDesign Store vi aspetta a Ferrara, in Via de’ Romei 19A, dalle ore 10.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 20.00 (orario estivo).
Gli amanti della cucina troveranno da Pop Design Store la pluripremiata collana di Editrice Compositori con le ricette dei designer: primi piatti (Design al dente), secondi di carne (Design al sangue), di pesce (Una spina nel design), con verdure (Cavolo che design), finger food (Stuzzicati dal design) o piatti da infornare (Pane e design).

DOLCI > TORTA ALLO ZAFFERANO CON MARMELLATA DI LIQUIRIZIA

Farina > 250 g
Zucchero > 150 g
Zafferano > 1 bustina
Olio di semi di girasole > 1 tazza
Lievito per dolci > 1 bustina
Limone > 1
Uova > 1
Marmellata di liquirizia > 100 g

Versate in una ciotola capiente lo zucchero, la farina e il lievito.
Aggiungete un uovo e iniziate a mescolare.
Fate sciogliere lo zafferano in un bicchiere di acqua tiepida e versatelo nell’impasto, continuando a mescolare bene perché non si creino grumi.
Unite a filo l’olio di semi di girasole e la scorza grattugiata del limone e mescolate fino a ottenere un impasto denso e omogeneo.
Imburrate una tortiera a cerniera apribile e versatevi l’impasto.
Battete delicatamente la tortiera su un piano per eliminare eventuali bolle d’aria.
Adagiate infine delicatamente delle piccole quenelle di marmellata di liquirizia sulla superficie del dolce, disponendole a raggiera, dal centro al bordo esterno.
Cuocete in forno caldo a 180° per 45 minuti.
Una volta cotta, sfornate la torta e fatela raffreddare.
Cospargete a piacere con liquirizia in polvere (o zucchero a velo).

lunedì 2 giugno 2014

Millefoglie di melanzane con salsiccia al pistacchio

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti, recita l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
I diritti civili sono i diritti umani di prima generazione, quelli che storicamente si sono affermati per primi e che sanciscono le libertà individuali: figli delle rivoluzioni liberali dell’età moderna, stabiliscono infatti le libertà soggettive inalienabili di cui deve godere ogni singola persona.
Sono proprio i diritti civili a testimoniare le grandi differenze tra gli Stati d’Europa. In merito a unioni di fatto, matrimoni omosessuali, divorzio e adozioni, infatti, il Vecchio continente dimostra di non avere uno stesso animo progressista, e questo nonostante il Parlamento Europeo abbia chiesto agli Stati membri di garantire alle famiglie monoparentali, alle coppie non sposate e alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie e alle famiglie tradizionali, in particolare in materia di legislazione fiscale, regime patrimoniale e diritti sociali.
Se qualcuno ancora si chiede perché mi impegno con Arcigay per i diritti civili in Italia, basta leggere i dati della campagna promossa dall’ILGA (International Lesbian and Gay Association), che ha misurato la parità tra i cittadini a prescindere dall’orientamento sessuale.
La Gran Bretagna è il paese più accogliente e inclusivo d’Europa. Grazie alle sue politiche per l'uguaglianza e la non-discriminazione, la famiglia, l'attenzione ai discorsi omofobici, il riconoscimento legale dei generi, la libertà di associazione e di espressione e il diritto di asilo, ha totalizzato 82 punti su 100, posizionandosi anche quest’anno al primo posto.
L’Italia è in zona retrocessione, se mi permettete un riferimento calcistico. Con un poco onorevole 32° posto, si colloca alle spalle di tutti i grandi paesi fondatori dell’unione europea, più vicino alla barbara Russia (ultima in classifica) che a Spagna, Francia o Germania.
La cosa interessante è che i sei punti guadagnati dal nostro paese rispetto allo scorso anno (perché un piccolo miglioramento c'è stato), sono da ricondursi unicamente ai piani di azione operati dai comuni italiani in tema di uguaglianza e non discriminazione, e non certo grazie all’azione del nostro parlamento, che non riesce neppure ad approvare una legge contro l’omofobia.
Ho sempre parlato liberamente di dignità e diritti (non solo omosessuali e transessuali), affrontandone i principi fondamentali a scuola, al lavoro, in casa, mentre faccio la spesa. E a cena, naturalmente, specialmente in queste ultime settimane di campagna elettorale.

SECONDI > MILLEFOGLIE DI MELANZANE CON SALSICCIA AL PISTACCHIO

Melanzane tonde > 2
Salsiccia al pistacchio > 400 g
Pomodori pachino > 200 g
Granella di pistacchi > 2 cucchiai
Basilico > 1 mazzetto
Prezzemolo > 1 mazzetto
Menta > 1 mazzetto
Aglio > 1 spicchio
Scalogno > 1
Olio extravergine d’oliva > ½ bicchiere
Sale > 1 pizzico
Pepe > 1 pizzico

Lavate le melanzane, eliminate le estremità e tagliatele a fette spesse circa mezzo centimetro. Spolveratele di sale, adagiatele su un piano e lasciatele riposare per un’ora, fino a quando non avranno perso l’acqua di vegetazione.
Sciacquatele e asciugatele con un foglio di carta assorbente.
Preparate un’emulsione di olio, sale, pepe e trito di basilico, prezzemolo e menta, aggiungendo uno spicchio d’aglio leggermente schiacciato.
Lasciate marinare le melanzane nell’emulsione per due ore.
Scaldate l’olio extravergine d’oliva in una padella antiaderente e soffriggete lo scalogno tritato finemente.
Unite i pomodori tagliati a cubetti e saltateli per qualche minuto a fiamma viva.
Adagiate una fetta di melanzana ben sgocciolata in una pirofila ricoperta di carta forno, proseguite con la salsiccia al pistacchio ben sgranata e pressata, e via così per tre strati, ricoprendo infine la millefoglie con un cucchiaio di pomodori saltati.
Coprite la pirofila con un foglio di alluminio e cuocete in forno cardo a 180° per 50 minuti.
Togliete quindi il foglio di alluminio e proseguite per altri 10 minuti a 200°.
Servite tiepida, spolverando le millefoglie con la granella di pistacchi.