lunedì 24 settembre 2012

Pasta fredda al pesto di menta e mandorle con filetti di sgombro e uva passa

Ogni tanto mi capita ancora di incontrare persone conosciute al Sushi Café Kappa. Anche l’altra sera, alla storica grigliata LGBT di Circomassimo Arcigay e Arcilesbica Ferrara.
In una mia precedente vita avevo un locale a Bologna, un po’ ristorante e un po’ discobar. Era in pieno centro, all'interno di un ambiente seminterrato dove scorreva l'acqua sui muri, con un lungo banco di cristallo e dove i giochi di luce si sprecavano. Era la mia seconda casa. Di giorno scrivevo fumetti e di sera mi muovevo tra la cucina e la mia postazione di barman. Era un posto dove parlare, mangiare e ascoltare buona musica prima di andare in discoteca. La nostra specialità erano sushi e ramen, ma al rigore delle ricette giapponesi alternavamo ogni tanto piatti fuori menù di cucina fusion, secondo un processo squisitamente interculturale.
A un certo punto ho abbandonato la ristorazione per dedicarmi completamente ai fumetti. E alla mia vita privata, soprattutto. Succede. Un giorno capisci che è arrivato il momento di investire su se stessi. E con un certo sollievo posso dire che, a distanza di dieci anni, so di aver fatto la scelta giusta.
Serve il tempo per costruirsi e godersi una famiglia. La famiglia ti ricompensa sempre delle rinunce fatte, ti dà dei tempi nuovi, riequilibra il tuo bioritmo, ti rende migliore, e quando è il momento di ributtarsi nella mischia ti sostiene nelle sfide che verranno.
Pur continuando a scrivere, sono tornato così al mio vecchio amore per la cucina. Cene a domicilio, corsi di cucina creativa, e qualche evento speciale, come AltroGrill. Venerdì sera ho cucinato a Ferrara per oltre centoventi persone: insalata ai tre cereali con pancetta caramellata, mele verdi e fiocchi di paprica rossa; insalata di pasta alla Norma; insalata di misticanza con finocchi e arance; pollo in umido con pomodori pachino confit e… questa deliziosa pasta fredda (a quanto pare la più gettonata)!

PRIMI > PASTA FREDDA AL PESTO DI MENTA E MANDORLE CON FILETTI DI SGOMBRO E UVA PASSA

Fusilli > 350 g
Filetti di sgombro > 400 g
Uva passa > 120 g
Menta fresca > 30 g
Mandorle pelate > 40 g
Parmigiano > 40 g
Olio extravergine d’oliva > ½ bicchiere
Pepe bianco di Penja > un pizzico
Sale > un pizzico

Cuocete i fusilli al dente in abbondante acqua salata, scolateli e fateli raffreddare con un getto veloce di acqua fredda. Scolateli nuovamente, asciugateli con uno strofinaccio pulito e versateli in un’insalatiera.
Fate molta attenzione: se i fusilli rimangono bagnati assorbiranno l’acqua, e la pasta risulterà collosa.
Condite con poco olio extravergine d’oliva e lasciate riposare in frigo per circa un’ora.
Lavate intanto delicatamente le foglie di menta e asciugatele su un foglio di carta da cucina.
Frullatele nel mixer assieme alle mandorle pelate e al parmigiano reggiano, aggiungendo l’olio a filo fino a ottenere la giusta consistenza. Una volta pronto, aggiustate il pesto di sale, a seconda del vostro gusto.
Condite la pasta col pesto, l’uva passa e i filetti di sgombro spezzettati.
Prima di servire, profumate il piatto con un’abbondante grattata di pepe bianco di Penja.
Questo pepe camerunense è tra i più raffinati e aromatici che esistano in commercio. Ha un retrogusto alla noce, e il suo sapore rotondo e per nulla invadente ben si abbina a questo piatto.
In alternativa potete usare del comune pepe bianco.

Alcuni scatti da AltroGrill 2012 – GrillArt Edition…

 

domenica 16 settembre 2012

Fesa di tacchino in umido con zucchine e pomodorini trifolati

Ho sempre amato il vintage, forse perché indossandolo si ha la consapevolezza di essere unici. Quelli vintage sono prodotti ineguagliabili, ricchi di personalità e storia. Sono realizzati con materiali eccellenti e una cura che oggi sarebbero fuori della portata dei più, e rappresentano una varietà di stili che non può essere preda dalla moda corrente. Un valore aggiunto inestimabile, in quest’epoca di globalizzazione forsennata.
Eco sostenibilità, riduzione dello spreco, estetica vintage. Il termine si utilizza anche per definire la moda d’epoca, intesa come patrimonio storico e culturale.
Abiti, accessori, oggetti di design… Ma si potrà parlare anche di ricette vintage?
D’altronde, il vintage ha a che fare con la cucina, almeno in senso lato: il termine deriva infatti dal francese antico vendenge, che indicava i vini vendemmiati e prodotti nelle annate migliori, diventato poi sinonimo dell’espressione d’annata.
E così ho ripensato alla cucina della mia famiglia, a quando ero bambino. Ricordo le mie idiosincrasie nei confronti di alcuni cibi. La fesa di tacchino, per esempio. Nonostante amassi il petto di pollo, specialmente alla panna. Era impossibile ingannarmi. Essendo così magro, trovavo il tacchino stopposo, per nulla saporito. Poi, un giorno, mia madre l’ha cucinato in umido, con le zucchine e i pomodorini, e me ne sono innamorato.
Era da molti anni che non lo mangiavo. Così, al ritorno dal Padova Vintage Festival, mi sono dedicato una ricetta degli anni Settanta. Con le verdure e le erbe aromatiche dell’orto, perché per una ricetta vintage servono alimenti eccellenti. E una cura speciale.

SECONDI > FESA DI TACCHINO IN UMIDO CON ZUCCHINE E POMODORINI TRIFOLATI

Fesa di tacchino > 4 fettine
Zucchine > 6
Pomodori datterini > 300 g
Vino Porto > 1 bicchierino
Aglio > 1 spicchio
Menta > 1 rametto
Melissa > 1 rametto
Olio extravergine d’oliva > 4 cucchiai
Burro > 1 noce
Sale > 1 pizzico
Pepe > 1 pizzico

Lavate e spuntate le zucchine, quindi affettatele a rondelle sottili.
Scaldate l’olio extravergine d’oliva in una padella antiaderente, e fate dorare lo spicchio d’aglio sbucciato e schiacciato.
Aggiungete le zucchine, il sale e il pepe, e fate cuocere a fuoco vivo per almeno 10 minuti, mescolando delicatamente perché la verdura non si attacchi al fondo.
Unite i pomodori datterini lavati e tagliati a metà per il lungo, coprite con un coperchio e continuate la cottura ancora qualche minuto, abbassando la fiamma.
Attenzione: se le zucchine sono fresche e sode cuoceranno presto, altrimenti la cottura richiederà più tempo. Assaggiatele, e non avrete dubbi.
Togliete le verdure e conservatele in un piatto.
Versate nel fondo di cottura una noce di burro. Fate rosolare le fettine di tacchino passate nella farina, quindi sfumatele con un bicchierino di porto, che farete evaporare velocemente.
Una volta cotte, aggiungete le verdure trifolate, qualche foglia di menta e di melissa tritate, e fate insaporire per un paio di minuti.

Una variante gustosa? Aggiungete alle zucchine una melanzana tagliata a cubetti!

domenica 9 settembre 2012

Costine di maiale alla frutta secca in salsa alla liquirizia e ras el hanout

Ho un sangue impaziente. Vivo la sensazione malinconica di non appartenere a nessuna terra veramente, ma le mie origini sono condite dai caldi sapori del sud e portano con sé gli aromi di mille spezie.
Pur essendo nato a Bologna, difendo tradizioni, culture, mentalità, persino amenità e colori, con fierezza di meridionale.
– Torno al sud – scriveva Fernando E. Solanas, – come si torna sempre all’amore. Torno da te con il mio desiderio, con la mia paura. Porto il sud come un destino del cuore. Sono del sud come le arie del bandoneon. Sogno il sud, luna immensa, cielo a rovescio. Cerco il sud, il tempo aperto e il suo dopo. Amo il sud, la sua gente buona, la sua dignità. Sento il sud come il tuo corpo nell’intimità. Ti amo sud. Sud ti amo.
Anch’io amo il sud con tutto ciò che gli appartiene. Il sud del mondo condivide più o meno la stessa storia e lo stesso destino: depredato, saccheggiato, tenuto lontano dal progresso e abbandonato a se stesso. L’idea del sud è spesso associata all’idea di povertà e degrado, ma il sud è molto più di questo: è la metà del mondo da cui troppe volte vorremmo separarci e da cui invece avremmo molto da imparare. Anche in cucina.
Un buon piatto non ha sempre bisogno di grande elaborazione. Bastano pochi ingredienti di qualità. Magari proprio del sud, come la liquirizia calabrese o il ras el hanout utilizzato nelle zone settentrionali dell’Africa. D’altronde quello del profondo sud è un concetto relativo. Ogni sud ha il suo sud.

SECONDI > COSTINE DI MAIALE ALLA FRUTTA SECCA IN SALSA ALLA LIQUIRIZIA E RAS EL HANOUT

Costine di maiale > 12
Liquirizia in polvere > 1 cucchiaio
Ras el hanout > 1 cucchiaio
Prugne secche > 200 g
Uva passa > 50 g
Mandorle a scaglie > 25 g
Olio extravergine d’oliva > 4 cucchiai
Vino bianco > 1 bicchiere
Sale > 1 pizzico

Lavate e asciugate le costine di maiale.
Fatele rosolare nella pentola a pressione con l’olio extravergine d’oliva, la liquirizia in polvere (se non la trovate potete polverizzare al mixer la liquirizia pura Amarelli) e il ras el hanout (miscela diffusa in tutto il Nordafrica, sostituibile con normale curry o con un buon mix di spezie per il cuscus).
Versate il vino bianco, le prugne secche e l’uva passa.
Mescolate e chiudete la pentola a pressione.
Appena il sibilo si intensifica, abbassate la fiamma e cuocete per 20 minuti (il tempo può variare di qualche minuto a seconda della grandezza delle costine).
Spegnete il fuoco, lasciate sfiatare bene, quindi aprite la pentola a pressione, togliete le costine e tenetele da parte coperte.
Fate restringere il fondo di cottura aggiungendo un altro pizzico di liquirizia.
Rimettete le costine nella pentola e fatele insaporire.
Impiattatele ancora calde guarnendole con le mandorle a scaglie tostate in una pentola antiaderente.

La pentola a pressione garantisce non solo una diminuzione dei tempi di cottura, ma anche una riduzione dell’esposizione degli alimenti alle alte temperature e, soprattutto, una minore quantità di grassi. Dal momento che l’evaporazione è minima, gli aromi non saranno dispersi (usate quindi meno sale rispetto alla cottura tradizionale).
Se non avete (o temete) la pentola a pressione, potete cucinare le costine di maiale per circa un’ora in una normale pentola antiaderente, bagnando di tanto in tanto con brodo vegetale.
E ricordate: le costine sono perfettamente cotte quando la carne si stacca facilmente dall’osso.